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Estero
La prima donna a scalare l'Everest, 50 anni fa
Oggi 16-05-25, 10:59
AGI - Esattamente mezzo secolo fa, il 16 maggio 1975, la giapponese Junko Tabei divenne la prima donna al mondo a raggiungere la vetta dell'Everest. La prima donna ad aprire una strada, a oltrepassare un limite, a rappresentare un simbolo per moltissime altre donne nei campi più svariati. Oggi, a 50 anni di distanza, la montagna più alta del pianeta si prepara a celebrare un nuovo traguardo storico: la millesima ascensione femminile. Salire fino agli 8.849 metri (29.032 piedi) dell'Everest è stata per decenni un'impresa quasi esclusivamente maschile. Secondo un'analisi dell'AFP basata sui dati dell'Himalayan Database, entro maggio 2025 le donne avevano raggiunto la cima 962 volte, contro 11.955 ascensioni maschili. Quando Junko Tabei toccò la vetta nel 1975, solo 38 uomini l'avevano preceduta. La sua spedizione, tutta al femminile, dovette affrontare anche ostacoli economici: molti sponsor rifiutarono il sostegno, suggerendo che le donne farebbero meglio a “badare ai figli”. “All men limit our likes and I do not want to be limited”, scrisse Tabei nel suo taccuino al ritorno. Solo undici giorni dopo, anche la tibetana Phantog conquistò l'Everest dal versante opposto, credendo di essere stata la prima. Scoprì solo dopo la discesa che Tabei l'aveva preceduta. Tabei non si fermò: nel suo diario annotò gli obiettivi successivi — salire il K2 e tornare a lavorare in una rivista scientifica. Oggi sono 870 le donne ad aver scalato l'Everest Nel corso degli anni, 870 donne di 85 nazionalità hanno raggiunto la vetta, alcune anche più di una volta. Dopo i nepalesi, i Paesi con il maggior numero di donne in cima all'Everest sono Stati Uniti, India e Cina, che insieme rappresentano il 39% delle ascensioni femminili. Ma tra gli sherpa, le guide locali nepalesi, le donne restano rarissime. Solo il 9% delle ascensioni femminili è firmato da nepalesi, contro il 50% di quelle maschili. Ad oggi, la sola guida donna certificata a livello internazionale è Dawa Yangzum Sherpa, che ha scalato l'Everest nel 2012 e ottenuto il diploma nel 2018. “È un mestiere difficile, soprattutto per una ragazza. In molti mi dicevano che non era un lavoro per donne”, ha raccontato all'AFP. Prima di lei, nel 1993, Pasang Lhamu fu la prima donna nepalese a raggiungere la vetta. Morì durante la discesa, restando indietro per aiutare un collega colpito dal mal di montagna. Oggi è un'eroina nazionale, e il trekking verso il campo base dell'Everest comincia sotto un arco dedicato a lei. A lei è succeduta Lhakpa Sherpa, che ha conquistato il record di donna con il maggior numero di ascensioni: 10 scalate. Nel 1988, Lydia Bradey (Nuova Zelanda) divenne la prima donna a salire l'Everest senza bombole di ossigeno. Fece tutto da sola, e i suoi compagni – rientrati a Kathmandu – inizialmente misero in dubbio il successo. Poiché aveva usato una via non autorizzata, decise di non rivendicare ufficialmente l'impresa, che fu però riconosciuta anni dopo. Salire senza ossigeno resta rarissimo: solo 229 scalate (meno dell'1%), e appena 10 firmate da donne. Secondo Billi Bierling, alpinista e direttrice dell'Himalayan Database, “le donne sono spesso più prudenti in alta quota. Se sentono che qualcosa non va, scelgono di scendere, mentre gli uomini tendono a rischiare di più”. Eppure, i tassi di successo raccontano una sfida ancora aperta: solo il 66% delle donne che tentano l'Everest riesce, contro il 75% degli uomini. Ma le statistiche sulla mortalità sono più dure per questi ultimi: una donna muore ogni 153 tentativi, un uomo ogni 70. Anche se restano nettamente in minoranza, la presenza femminile è in costante crescita. Negli anni 2000 c'era una donna ogni 16 uomini, oggi il rapporto è di una ogni 10. “Conosco tante donne che oggi non si sposano, non hanno figli, guadagnano bene e scelgono di salire gli 8.000 metri”, ha concluso Bierling.
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