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Estero
La profezia di Rasoulof, "il regime iraniano sprofonderà in una tomba che si sta creando da solo"
23-01-2025, 10:15
AGI - Dopo il Premio speciale della Giuria a Cannes ed essere entrato nella short list per il miglior film in lingua originale agli Oscar (avanzata dalla Germania), arriva nelle sale italiane il 20 febbraio (con Lucky Red e BiM) il coraggioso film del regista dissidente iraniano Mohammad Rasoulof, 'Il seme del fico sacro'. Fuggito segretamente in Europa dall'Iran, dove pende su di lui una condanna a otto anni per "attentato alla sicurezza", il regista ambienta il suo ultimo lavoro a Teheran nel 2022, nei primi giorni delle inedite proteste del movimento "Donna, vita, libertà", raccontando il corpo a corpo quotidiano tra società e regime teocratico nella Repubblica islamica, attraverso la lotta tra modernità e tradizione all'interno di una famiglia del ceto medio. Il film alterna il girato, tutto realizzato di nascosto e per lo più all'interno di un piccolo appartamento, con le immagini circolate sui social della feroce repressione delle proteste pacifiche, scoppiate a settembre 2022 dopo la morte della giovane Mahsa Amini in custodia della polizia morale per presunta violazione dell'obbligo del velo. Una pistola scomparsa in casa è l'espediente narrativo che fa esplodere le tensioni tra due giovani studentesse Rezvan (Mahsa Rostami) e Sana (Setareh Maleki) e il religiosissimo e conservatore padre (Missagh Zareh), da poco promosso giudice istruttore. La madre (Soheila Golestani) tenta il ruolo di mediatore tra questi due mondi che non riescono a comunicare, ma finirà anche lei per scappare dalle menzogne che si è raccontata per quieto vivere. "La pistola - spiega Rasoulof in conferenza stampa - non è incitamento alla rivolta armata, ma diventa estremo tentativo delle nuove generazioni di autodifesa, di disarmare l'oppressore dopo tutta la violenza vissuta". Rasoulof è convinto che "non sarà la violenza" a far cadere la Repubblica islamica. "La caratteristica più importante della lotta delle donne e di molti uomini in Iran è che rigetta qualsiasi forma di violenza", ci tiene a spiegare il regista. Tutta l'oppressione e la repressione messa in atto contro la società iraniana in 46 anni sono destinate a ritorcersi contro la stessa Repubblica islamica. La cronaca quotidiana già parla di questo, fa notare Rasoulof: "Due dei più famigerati giudici iraniani (Ali Razini e Mohammad Moqiseh) che hanno firmato condanne a morte collettive, sono stati uccisi da una persona che ha preso la pistola delle loro guardie del corpo e ha sparato. Chi semina vento raccoglie tempesta". Anche se dichiara di non poter fare previsioni politiche sul suo Paese, il regista iraniano costruisce come una profezia l'ultima scena, con protagonista il personaggio più conservatore: "Il regime sprofonderà in una tomba che si sta creando da solo". Rasoulof su Cecilia Sala, "Evin molto più dura per gli europei" Per l'oppressione e le difficoltà quotidiane a cui è abituato un iraniano che vive nella Repubblica islamica, addirittura il famigerato carcere di Evin può risultare più sopportabile che a un europeo. Per questo "credo sia stato molto difficile per la giornalista Cecilia Sala", dice il regista dissidente Mohammad Rasoulof, detenuto in passato nella stessa prigione dove per 21 giorni è rimasta la giornalista italiana, rilasciata lo scorso 8 gennaio. "Ammiro Cecilia Sala per essere andata in Iran a raccontare delle donne iraniane, ma immagino che per lei l'esperienza del carcere di Evin sia stata molto difficile perché da europea sei meno preparata di noi iraniani", ha spiegato il regista, in Italia per presentare il suo film 'Il seme del fico sacro' (nelle sale dal 20 febbraio, distribuito da Lucky Red e BiM), già Premio Speciale della Giuria all'ultimo Festival di Cannes. "Ho passato in quella famigerata prigione due periodi della mia vita", ha raccontato Rasoulof in conferenza stampa, "ma io sono nato, cresciuto e ho vissuto in Iran, sono preparato a combattere con le difficoltà che incontriamo tutti i giorni e credo che un europeo lo sia molto meno". Rasoulof ha poi invitato a non dimenticare anche quello che vivono le famiglie dei prigionieri politici in Iran, un aspetto che il regista ha affrontato anche in questa sua ultima pellicola, candidata agli Oscar dalla Germania, il Paese dove si è rifugiato dopo aver lasciato in segreto l'Iran l'anno scorso.
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L'Iran secondo Rasoulof, il regista a Roma per "Il seme del fico sacro"
Il Foglio
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