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Estero
Parte per Kiev l'ultimo camion di aiuti voluto da Papa Francesco
Oggi 05-05-25, 17:52
AGI - Beni di prima necessità, vestiti, prodotti per l'igiene, medicinali, cibo: è il carico di aiuti partito il 2 maggio dalla basilica di Santa Sofia, la chiesa degli ucraini a Roma, divenuta dall'inizio della guerra un centro di raccolta verso il paese dell'est Europa. Qui più volte si è recato il cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere di Sua Santità, per portare sostegno da parte di Francesco che ha sempre provveduto ad aiutare la "martoriata Ucraina". Si tratta del 131esimo camion partito da li', l'ultimo voluto proprio dal Pontefice e destinato alle regioni che stanno soffrendo maggiormente a causa del conflitto. A confermarlo un comunicato della procattedrale di Santa Sofia nel quale si legge che il dono del Papa è "l'espressione finale del suo amore e sostegno al popolo ucraino". A caricare il tir i parrocchiani, i volontari, gli studenti del Pontificio collegio ucraino di San Giosafat, sacerdoti e rappresentanti della comunità ucraina di Roma, riferisce L'Osservatore Romano. Una volta completato il carico, tutti si sono riuniti nella basilica per una preghiera comune per la pace in Ucraina, per i feriti, gli sfollati e tutti coloro che si trovano nelle zone di combattimento. "Questo aiuto - hanno riferito gli organizzatori della missione - non è solo un contributo materiale ma anche un profondo segno spirituale di solidarietà e amore. Papa Francesco non ha dimenticato il popolo ucraino sofferente fino al suo ultimo respiro". Parlando con il Sir, don Marco Yaroslav Semehen, rettore di Santa Sofia, ha ricordato la costante vicinanza di Francesco alla missione umanitaria nata intorno alla basilica: "Arrivavano continuamente e in maniera sistematica pacchi e aiuti attraverso il cardinale Krajewski. Posso dire che in ogni camion c'erano gli aiuti di Papa Francesco. Siamo certi che dal cielo il Santo Padre continuerà ad aiutarci e lo farà ancora di più. La cosa più grande pero' che ha fatto Papa Francesco per noi è stata quella di non permettere mai alla nostra speranza di morire".
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