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Cronaca
Perse il figlio nel rogo di un emporio, la madre di Pan An chiede giustizia
Oggi 13-09-25, 13:00
AGI - "Vivo in un silenzio freddo e vuoto nella nostra casa che era piena di allegria perché c'era lui. Vivo solo nella speranza che la sua morte non sia stata vana, che nessun altro ragazzo faccia la sua stessa fine. Solo così il suo spirito potrà riposare". Per la prima volta, pochi giorni dopo l'inizio del processo per la morte a 24 anni del suo unico figlio, Liu Haiying, la madre di Pan An, uno dei tre ragazzi deceduti per i fumi del rogo in un magazzino a Milano, raccoglie intense parole di dolore e speranza. La tragedia di Via Cantoni Un anno e un giorno fa, il 12 settembre 2024, Pan An, designer ricco di passione e talento, venne trovato senza vita in un emporio dell'azienda 'Li Junjun' in via Cantoni assieme al 17enne Yinjie e alla sorella Yindan Dong, 18 anni. I ragazzi stavano dormendo tra i mobili quando a tarda sera un uomo, identificato in Washi Laroo, appiccò il fuoco. È imputato assieme ai due presunti mandanti, Yijie Yao e Bong Zhou. Una vita di sopravvivenza "La mia non è più una vita, è solo sopravvivenza - spiega, intervistata dall'AGI, la signora Liu -. Vivo ancora nello stesso posto di prima, nella casa che è piena di tracce di mio figlio: i libri di scuola, gli oggetti che amava, i regali che mi aveva fatto. Ogni volta che ne vedo uno, le lacrime mi scorrono senza controllo. Un tempo la casa era piena della sua presenza, entusiasta e vivace; ora siamo rimasti io e mio marito, nel gelo". Le domande di Liu sono quelle taglienti della notte. "Non riesco a dormire: chiudo gli occhi e vedo il volto di mio figlio, penso a lui, mi chiedo se abbia paura dall'altra parte, se stia aspettando che la mamma gli restituisca giustizia. Non ho più appetito, non ho più forza: mi sento svuotata. L'unica energia che mi resta è quella di lottare per lui, di cercare giustizia". Richieste ai giudici italiani Ha delle richieste precise per i giudici italiani: "Il mio cuore è lacerato per il processo, fa male ma allo stesso tempo nutre una speranza, in un intreccio complicato di emozioni. Il dolore nasce dal fatto che, per quanto il processo vada avanti, il mio Pan An non potrà mai tornare. Non potrò più abbracciarlo, né sentire la sua voce chiamarmi 'mamma'. La speranza invece è che, attraverso questo processo, tutti possano sapere come è morto mio figlio, e che i responsabili non possano sfuggire. Voglio che ci sia una risposta per il mio povero ragazzo. Spero che i giudici possano indagare a fondo e chiarire ogni passaggio: guardino il magazzino in cui mio figlio viveva, dove non c'era neppure un'uscita di emergenza. Spero che la giustizia faccia emergere la verità, che tutti i responsabili siano puniti come meritano, e che la morte di mio figlio non sia stata vana". Quei ragazzi, quei giovanissimi lavoratori, dice, non dovevano essere lì. Condizioni di lavoro inaccettabili "Non è giusto mettere i dipendenti a dormire nel magazzino, senza via di fuga e senza sapere come comportarsi in caso di emergenza. La loro morte si poteva evitare. Questa tragedia era chiaramente prevenibile. Ogni volta che ci penso, mi manca il respiro dal dolore: mio figlio avrebbe potuto avere una vita lunga, e invece è stata distrutta da persone irresponsabili e criminali". In questa traversata in ombra, la madre di Pan ha trovato delle persone che l'hanno presa per mano. "Il nostro avvocato Zheng Fan è stata per noi il sostegno più prezioso: non solo ci ha aiutato a ricostruire i dettagli del caso e a interfacciarci con la giustizia italiana, ma ci ha anche spiegato con pazienza le norme giuridiche. Per noi, che non conosciamo la lingua né le leggi, è stato come intravedere finalmente una speranza di giustizia. Allo stesso tempo, la donazione della comunità e delle associazioni cinesi a Milano ci ha fatto sentire il calore dei connazionali. Nei giorni della morte di Pan An, eravamo totalmente assorbiti dal gestire la tragedia e seguire il caso, senza energie per occuparci della nostra stessa sussistenza. Il loro aiuto ha risolto le nostre difficoltà immediate e ci ha fatto sentire che, in un Paese straniero, non eravamo soli. Questo affetto ci ha dato la forza di resistere, anche nel dolore più grande". Non uguale partecipazione ha avvertito dalle istituzioni. "Subito dopo i fatti so che alcuni politici nazionali e locali parteciparono alla commemorazione, io però non ricordo bene, non avevo una lucidità minima. Dopo, il silenzio completo". Per Liu Haiying c'è un solo modo per onorare la memoria di Pan An. "È quello di restituirgli giustizia. Questo è il più grande ricordo e il migliore omaggio che gli posso dare. Voglio che i responsabili siano puniti, che ricordino di dovere a mio figlio una vita. Voglio che lo spirito di mio figlio possa finalmente riposare in pace, e che sappia che noi genitori non lo abbiamo mai abbandonato, ma continuiamo a combattere per lui. Spero anche che, in futuro, nessun altro giovane debba affrontare tragedie simili a causa dell'incuria, della negligenza, della violenza e dell'irresponsabilità altrui. Questa è la giustizia che voglio ottenere per mio figlio, e per tutti i ragazzi come lui".
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