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Estero
Voci dal confine: il grido dei cristiani perseguitati e la speranza accesa dalla visita del Papa
Ieri 01-12-25, 22:16
AGI - La sofferenza per la persecuzione dei cristiani e per le atrocità della guerra che da Siria e Israele ha riversato una moltitudine di disperazione. Sono drammatiche e commoventi le testimonianze dei sacerdoti che operano nei luoghi di confine al servizio di un popolo che soffre per la crisi libanese e "un altro, ancora più nascosto, che subisce persecuzioni ed esilio". Storie che testimoniano però anche la resilienza di un Paese piagato che vuole rinascere. Youhanna-Fouad Fahed, originario di Kobayat (Akkar), sacerdote di Debbabiye, piccolo villaggio al confine con la Siria, dove convivono musulmani (sunniti) e cristiani (ortodossi e maroniti), racconta che fin dall'inizio della guerra in Siria, il suo villaggio ha sofferto molto, "in particolare a causa dei bombardamenti da parte siriana". La maggior parte degli abitanti maroniti ha lasciato le proprie case per cercare rifugio lontano dai pericoli. Con la crisi economica, la situazione è diventata ancora più difficile: niente più elettricità, l'acqua potabile non è più accessibile e gli abitanti hanno perso ogni mezzo di sopravvivenza. Il dolore si è amplificato con la caduta del regime siriano, spingendo i perseguitati ad attraversare il confine in silenzio, fuggendo dalla sofferenza. La sofferenza nascosta e l'esodo dei perseguitati "Nessuno poteva sentire le loro grida", scandisce il religioso che non poteva restare impotente davanti a "una sofferenza soffocata dalla paura, la miseria nascosta dalla vergogna di chiedere aiuto". "Ho incontrato famiglie in fuga da persecuzioni settarie, famiglie che si erano rifugiate presso parenti per proteggere le loro figlie da possibili rapimenti per matrimoni forzati, giovani, ex dipendenti del governo siriano, cacciati dal loro Paese, indigenti e impoveriti, giovani che pianificavano la loro fuga illegale verso l'Europa, affidando i loro sogni ai trafficanti di migranti che hanno rubato i loro risparmi, e intere famiglie che avevano venduto le loro case per attraversare i confini, senza futuro, senza il minimo barlume di speranza per la loro situazione disperata". L'appello al papa: non dimenticare i giovani e i bambini Il sacerdote commosso parla davanti al Papa, "a nome di queste famiglie che hanno perso tutto, a nome di questi giovani che non vedono altro futuro se non la fuga, a nome di questi bambini che crescono tra due confini e tuttavia conservano la luce della fede nei loro occhi". "Il loro dolore diventa offerta, la loro miseria diventa speranza", conclude chiedendo al Pontefice "una benedizione, un segno che restituisca a queste anime la sensazione di non essere dimenticate". La fede e la speranza al confine israeliano Uguale la missione di padre Toni Elias, prete maronita a Rmeich (Sud) nella diocesi di Tyr vicino alla frontiera israeliana. "Abbiamo vissuto due anni e mezzo di guerra", racconta il religioso 43enne. "Il Libano è stanco di 50 anni di guerre ma mai ha perso la speranza e la fede", aggiunge. E poi sulla visita del Papa rimarca: "La nostra speranza si sta realizzando ora, quello che abbiamo vissuto non è andato così vano e crediamo che porta con sé il messaggio di pace, a vivere di pace".
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