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Il Var salva Curacao e la storia più bella delle qualificazioni ai Mondiali
Oggi 19-11-25, 13:41
A soli 65 chilometri dalle turbolente coste del Venezuela, l’isola sembra lontana da ogni tensione. Nei Caraibi è il meteo a dettare legge, e spesso anche il destino. Poteva farlo pure a Kingston, dove Curaçao ha resistito come una squadra che non aveva nulla da perdere e tutto da dimostrare. La Giamaica, che aveva a disposizione solo la vittoria per andare ai Mondiali, l’ha assediata per 95 minuti: quattro occasioni clamorose, tre pali, una pressione costante e un rigore assegnato nel quinto dei sette minuti di recupero. Quando l’arbitro Iván Barton aveva indicato il dischetto, lo stadio è esploso e la vittoria sembrava a un passo per i Reggae Boyz. Poi il Var ha richiamato il fischietto salvadoregno e quel che sembrava un rigore non lo era più. Ha deciso Barton. È il momento in cui il calcio, per un attimo, si piega alla favola. Finisce 0-0: un risultato che manda Curaçao al Mondiale 2026, la Nazionale più piccola di sempre, per popolazione e territorio, a raggiungere la fase finale. Il primato di Capo Verde è durato pochissimo, solo qualche settimana. Dalle Antille Olandesi al genio di Advocaat Per comprendere la portata dell’impresa bisogna ricordare che la piccola Curaçao è una delle nazioni costitutive del Regno dei Paesi Bassi, come Aruba e Sint Maarten. Calcisticamente è l’erede delle Antille Olandesi, una squadra che esisteva più nelle fantasie dei videogiocatori su Football Manager che sui campi internazionali. Una realtà periferica, con risorse limitate, una storia minima e un bacino interno troppo ridotto per competere. Non è un caso che la qualificazione arrivi proprio nell’anno in cui il Mondiale passa da 32 a 48 squadre: un allargamento che apre spiragli a chi, fino a pochi anni fa, non avrebbe mai potuto immaginare di parteciparvi. Eppure lo spazio da solo non basta. Curaçao aveva già fatto intravedere qualcosa lo scorso giugno in Gold Cup, fermando il Canada sul pari, ma nessuno pensava a un epilogo simile. L’uomo che ha trasformato un’ipotesi remota in un obiettivo concreto è Dick Advocaat. A 78 anni diventerà il ct più anziano della storia dei Mondiali. Ha allenato ovunque, cambiando sette Nazionali, vivendo due Mondiali da protagonista (con i Paesi Bassi e la Corea del Sud, ndr) e costruendosi una reputazione da navigatore esperto, capace di leggere contesti difficili e trasformarli in opportunità. Una nazionale nata nei… Paesi Bassi Quando il 15 gennaio 2024 ha accettato la panchina di Curaçao, la missione sembrava quasi una provocazione perfino per lui: far sognare a una comunità grande quanto Modena l’accesso al torneo più importante del mondo. Il primo ostacolo era evidente: sull’isola non ci sono abbastanza calciatori. Il ranking delle (fu) Antille Olandesi parlava da solo, i risultati pure. Non esiste un campionato competitivo, non ci sono infrastrutture adeguate e il numero di professionisti locali è davvero minimo. Così Advocaat ha fatto ciò che oggi fanno molte Nazionali: ha guardato alla diaspora. Quasi tutti i convocati sono nati nei Paesi Bassi, figli o nipoti di curaçaiani emigrati, parlano papiamento in famiglia, ma hanno imparato il calcio nelle giovanili olandesi, tra Rotterdam e Amsterdam. È una scelta legittima, prevista dai regolamenti Fifa, e rappresenta l’unica via percorribile per un paese così piccolo. L’alternativa è l’anonimato alla stregua di Gibilterra, Liechtenstein o San Marino, oppure un progetto tipo le Far Oer. Niente di cui scandalizzarsi, insomma. Lo hanno fatto anche nazionali più blasonate, Italia compresa, quindi non stupisce vedere ai Caraibi giocatori come Tahith Chong (Sheffield Utd), Leandro Bacuna (ex Aston Villa) o Jearl Margaritha (giovanili del Groningen). I più cinici diranno che giocano con la maglia di Curaçao perché non sono mai stati convocati dalla Nazionale maggiore olandese. In realtà ci sono anche ragioni familiari, emotive e identitarie dietro a una scelta romantica in un calcio che romantico non è lo è più. Il loro impegno, unito alla disciplina tecnica e mentale portata da Advocaat, ha creato qualcosa di irripetibile: una squadra che sa di non essere la più forte, ma che ha imparato a essere la più resistente. Anche quando tutto gira storto. E mentre la Giamaica colpiva pali e sfiorava il gol qualificazione, Curaçao teneva in piedi il sogno più fragile e più luminoso delle qualificazioni mondiali. Alla fine la storia ha deciso da che parte stare. E per una volta ha scelto i più piccoli.
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