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Roma-Milan è solo l'ultima puntata europea di una storia iniziata 39 anni fa
18-04-2024, 05:25
Osvaldo Bagnoli si sente defraudato. E non vede l’ora di raccontarlo ai giornali. Perché ventiquattro ore più tardi il suo Verona con lo scudetto sul petto affronterà la Juventus. Il problema è proprio questo. In palio non ci sono punti buoni per il campionato, ma il passaggio ai quarti di finale della Coppa dei Campioni. E soltanto una potrà passare attraverso quella strettoia. È il 22 ottobre del 1985 ed è la vigilia di una prima volta: la prima volta che due squadre italiane si trovano faccia a faccia in un trofeo continentale. L’Hellas si è guadagnata l’accesso al tabellone del trofeo dopo aver vinto il campionato. La Juve dopo aver alzato sotto il cielo di Bruxelles una Coppa rossa come il sangue. I sedicesimi di finale sono poco più di una sgambata. Il Verona elimina il Paok Salonicco, la Juventus seppellisce i lussemburghesi del Jeunesse d’Esch. Il sorteggio, che si è svolto in un "albergo di Ginevra", è stato subdolo. Così ora Bagnoli e Trapattoni dovranno vedersela in uno spareggio fratricida. Il presidente del Verona fissa un premio partita sontuoso fatto di auto, viaggi e milioni di lire. Il problema è che la squadra si presenta alla sfida contro i bianconeri praticamente a pezzi. Tre giorni prima il Napoli di Maradona rifila cinque schiaffi ai gialloblù. È la prova che i problemi dell'Hellas Verona sono rimasti intatti da inizio anno. I nuovi arrivati (Giuliani, Verza, Vignola e Galbagini) non riescono a colmare il vuoto lasciato da chi è partito. "Più mi avvicino a questo appuntamento più penso che la beffa continua – dice Bagnoli al Corriere della Sera alla vigilia della sfida – Ci sentiamo eliminati proprio da una squadra italiana ci disturba parecchio". È una frase che suona in maniera strana. Perché sembra quasi imbevuta di rassegnazione. L’andata si gioca il 23 ottobre del 1985, un mercoledì, al Bengodi. È un match tiratissimo. Il Verona gioca bene ma non passa. Nel secondo tempo schiaccia addirittura la Juventus. Al fischio finale il tabellone indica ancora lo 0-0 iniziale. Significa che ora i bianconeri possono giocarsi il jolly in casa. Bagnoli è furioso. Un po’ con tutti, ma soprattutto con l’arbitro, lo scozzese Robert Bonar Valentine. Lo rimprovera di aver ammonito solo i suoi ragazzi, di aver indirizzato la partita. "Dopo la mia sfuriata ha cambiato metro – dice – anche se non so se ha capito, io gli ho parlato in italiano, anzi in milanese: l'è minga giust". La gara di ritorno si gioca due settimane più tardi in un Comunale deserto, squalificato per due giornate dopo i fatti dell’Heysel. "Sembra di giocare sul fondo di un cratere lunare o, che è immagine un poco più attendibile, sotto qualche metro di acqua limpida", scrive Gianni Brera su Repubblica. L’effetto è straniante. Le voci si rincorrono, i colpi rimbombano. "Sembrava di essere in Piazza della Repubblica quando c'è il mercato. Si sentiva un continuo vociare, non è stato calcio", dice Platini a fine partita. La gara è decisa dagli episodi. Al 19’ del primo tempo Briegel tocca con le mani il pallone in area. La dinamica non è chiarissima, ma per l’arbitro Wurtz è rigore. Platini posiziona la sfera davanti alla curva vuota e poi calcia in rete. Nella ripresa succede l’incredibile. Le parti si invertono, ma con risultati diversi. Fontolan salta insieme a Serena e il bianconero schiaffeggia il pallone in area. Tutti guardano Wurtz, che stavolta lascia giocare. Il capovolgimento di fronte si trasforma nel gol di Serena per il 2-0 della Juve. Nel silenzio della tribuna il sindaco di Verona, Gabriele Sboarina, sbotta: "È una rapina organizzata dall'arbitro in favore della Juve". A fine partita gli animi sono infuocati. Nel parapiglia si rompe un vetro nello spogliatoio del Verona. Bagnoli apre la porta ai carabinieri che cercano di calmare la situazione e dice: "Se cercate i ladri, sono nell’altro spogliatoio". Una frase che diventerà immortale.
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