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All's Fair, la serie tv è un caso: "Insulta le donne", "ci piace così"
Oggi 11-11-25, 17:44
Come si passa da grande promessa a caso televisivo del momento? È la domanda che aleggia intorno a All's Fair, il nuovo legal drama di Ryan Murphy disponibile su Disney+. Attesissima, con un cast da sogno e l'idea di uno studio legale al femminile tra divorzi milionari e guerre di potere a Los Angeles, la serie è diventata in poche settimane uno dei fenomeni più discussi (e criticati) del 2025. Nonostante il curriculum impeccabile di Murphy e il cast stellare, All's Fair è stata stroncata quasi all'unanimità. USA Today l'ha definita “la peggiore serie tv dell'anno”, The Guardian ha parlato di un prodotto “affascinantemente brutto”, il Financial Times ha accusato Murphy di aver “svuotato di carisma attori straordinari”, mentre TIME ha commentato che la serie “pensa di sapere cosa vogliono le donne, ma finisce per insultarle”. Eppure, All's Fair merita di essere vista. Perché dietro il clamore e i giudizi impietosi si nasconde qualcosa di più interessante: uno specchio ironico e involontariamente geniale della nostra ossessione per l'immagine, la fama e il potere. La storia ruota attorno ad Allura (Kim Kardashian), avvocata di successo e figura magnetica, affiancata da Glenn Close come mentore autorevole, Naomi Watts come rivale elegante e Sarah Paulson come coscienza ironica e nevrotica. Un gruppo di avvocate divorziste che, stanche di lavorare in un ambiente dominato dagli uomini, fondano uno studio tutto al femminile. Tra processi, scandali e pranzi tra colleghe, le protagoniste si muovono in un mondo in cui denaro, amore e immagine diventano un unico campo di battaglia. Le scene sono impeccabili nella forma, luci, costumi, interni da rivista, ma la sostanza a tratti vacilla: i dialoghi risultano prevedibili, la trama si perde in svolte improbabili, e la Kardashian sembra spesso recitare la parte di se stessa. Eppure, proprio questa sua “non-recita” diventa un elemento di fascino: All's Fair è un esercizio di estetica, un saggio sul vuoto vestito di bellezza, dove l'eccesso diventa linguaggio e la competizione un tema strutturale. Come se Murphy avesse deciso di mettere in scena l'idea stessa di “camp”, quell'estetica dell'artificio e dell'esagerazione che attraversa da decenni la cultura americana, da Dynasty a Nip/Tuck. Non a caso, Kim Kardashian ha reagito con disarmante autoironia. Su Instagram ha condiviso post sarcastici di fan che commentavano: “Avete già visto lo show più acclamato dalla critica dell'anno?!?!?”. Tra i post rilanciati, uno diceva: “La recitazione peggiore che abbia mai visto, le trame più prevedibili e lo styling più assurdo. Sono ossessionato. Voglio 14 stagioni”. Un altro aggiungeva: “All's Fair osa chiedersi: una serie deve per forza essere buona? La risposta è no, e ci piace così”. Viene da pensare che l'operazione di Murphy sia tutt'altro che ingenua, e che punti consapevolmente al cortocircuito del “nel bene e nel male, purché se ne parli”. Se questo era l'obiettivo, il bersaglio è stato centrato: negli Stati Uniti, la serie ha registrato numeri record, trasformandosi da flop annunciato a fenomeno virale. Il regista Anthony Hemingway, che ha diretto diversi episodi, ha difeso pubblicamente lo show sulle pagine di The Hollywood Reporter: “Non puoi piacere a tutti. Ci saranno critiche, ma anche milioni di persone che l'hanno adorato. Credo che la serie sia uno specchio: ti ci puoi riflettere, o non riconoscerti. Non tutto è pensato per tutti, e va bene così.” In fondo, All's Fair non è solo una serie: è uno specchio incrinato della cultura americana, dove il femminismo diventa fashion statement e la fragilità emotiva si trasforma in prodotto di lusso. È un pasticcio affascinante, ma anche un documento del presente, che mostra quanto la nostra idea di libertà sia ormai inseparabile dal bisogno di apparire. Non è la serie che ci aspettavamo. Non è Suits al femminile. Ma forse è quella che meritiamo in un'epoca in cui tutto, anche il fallimento, può essere trasformato in branding. Forse non vi piacerà. Ma è difficile distogliere lo sguardo.
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