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Atreju, Fini: "Merito di Giorgia Meloni aver ricostruito una comunità. Il mio errore? Sciogliere An"
Oggi 08-12-25, 20:03
"L'errore è stato chiedere e ottenere lo scioglimento di Alleanza nazionale, perché era un movimento politico basato su un senso comunitario. Ma il merito che ha avuto Fratelli d'Italia con Giorgia Meloni è ricostruire questa comunità, perché se si rimane al di fuori del proprio perimetro si rischia di essere in qualche modo apolidi. Poi è chiaro che sono passati tanti anni, è tutto cambiato, è tutto diverso e quindi mi riconosco, l'ho votata, la voterò. Non condivido al 100%, come è naturale da uomini liberi". Gianfranco Fini tae applauso dal palco di Atreju, durante il panel con Francesco Rutelli 'Trentadue anni dopo'. Si riconosce nel centrodestra di oggi? "Si'", replica secco. "Mi riconosco" nel centrodestra odierno, ma "mi sono pentito di aver posto le condizioni di ritrovarmi incompatibile con il Popolo delle libertà". Quindi sottolinea: "Il Pdl doveva essere una grande formazione plurale ma in un certo momento non c'era questa pluralità". E ancora sulla premier: "Io rispetto Meloni perché si trova a dover gestire un periodo di cambiamento a livello geopolitico e strategico. È un mondo che sta cambiando". "Per arrivare a quello che dovrebbe essere il traguardo di una politica maturazione, il cemento di una democrazia dell'alternanza, vi è proprio la necessità di condividere - senza inciuci, pasticci, manovre sottobanco - gli obiettivi strategici per l'Italia", aggiunge Fini. "Se vogliamo davvero fare in modo che il futuro sia costruito all'insegna dei valori condividi". Sui giovani, sottolinea, "non è vero che la passione dei ragazzi per la politica è scomparsa, c'è ancora passione per la politica e la politica deve saperla però accendere ancora di più, deve essere una politica non solo coerente con quello che dice ma che abbia dei comportamenti in sintonia con i valori di riferimento. A destra, posso dirlo, sta accadendo". Essere ad Atreju "è un momento bello ed emozionante, un ritorno a casa". "Mi candidai a sindaco di Roma - ricorda - e percepii subito che c'era la possibilità di fare un buon risultato: non mi aspettavo francamente il risultato del primo turno, neanche di arrivare al ballottaggio sfiorando la vittoria, ma nell'aria in città c'era davvero qualche cosa di nuovo, rappresentato in primo luogo dal fatto che era la prima volta che si eleggeva direttamente il sindaco". Fino a quel momento "i sindaci erano sempre stati scelti in consiglio comunale nell'accordo tra i partiti di maggioranza e spesso e volentieri accadeva che a Roma che il sindaco non fosse conosciuto se non dagli addetti ai lavori. Il fatto di una candidatura da sottoporre direttamente agli elettori, con due esponenti politici giovani, segnò la fine della partitocrazia". Per Fini "l'intuizione politica fu quella di dire 'noi ci candidiamo perché vogliamo dimostrare di saper governare': in precedenza, sindaci con la fiamma tricolore del Movimento Sociale Italiano erano già stati eletti in alcune città, era caduta la discriminazione ideologica e partitocratica nei confronti della destra".
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