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Becciu ricusa il Promotore. Parola alla Cassazione vaticana: ora decidono quattro cardinali
Oggi 23-09-25, 08:23
Si è aperto ieri il processo d'appello sui fondi riservati della Santa Sede utilizzati per la compravendita dell'ormai famoso palazzo di Sloane Avenue a Londra e che vede come maggiore imputato il Cardinale Angelo Becciu, condannato in primo grado a cinque anni e sei mesi di reclusione per i reati di peculato e truffa aggravata, accuse che il porporato ha sempre rigettato proclamandosi innocente e vittima di un complotto ai suoi danni. Il secondo procedimento, che si svolge nella nuova aula del Tribunale vaticano all'interno del Palazzo Apostolico (visitata personalmente da Leone XIV giovedì scorso), inizia subito con un colpo di scena. La Corte d'appello, dopo una breve camera di consiglio, ha infatti dichiarato «ammissibile» l'istanza di ricusazione del promotore di giustizia Alessandro Diddi presentata dai legali del Cardinale e da quelli di altri tre coimputati: Fabrizio Tirabassi, ex dipendente dell'Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, Enrico Crasso, ex consulente finanziario della medesima e il finanziere Raffaele Mincione. «La Corte – ha detto il Presidente, monsignor Alejandro Arellano Cedillo – riconosce ammissibile l'istanza e ordina alla cancelleria che, decorso il termine di tre giorni previsto dal Codice di procedura penale, trasmetta la presente ordinanza e le eventuali risposte del promotore di giustizia alla Corte di Cassazione dello Stato». La decisione finale sull'esclusione di Diddi dal processo sarà quindi presa dalla Cassazione vaticana, presieduta dal cardinale Camerlengo Kevin Joseph Farrell e composta da altri tre porporati: Augusto Paolo Lojudice (Arcivescovo di Siena-Colle di Val d'Elsa-Montalcino), Matteo Zuppi (Presidente della Cei e Arcivescovo di Bologna) e Mauro Gambetti (Arciprete della Basilica di San Pietro e Vicario di Sua Santità per la Città del Vaticano). Non esistono, tuttavia, termini temporali per la decisione che il Supremo Tribunale dovrà prendere e il processo andrà quindi avanti regolarmente con altre tre udienze – la seconda prevista già oggi – calendarizzate in questa settimana e a cui il promotore di giustizia ha annunciato che non parteciperà. Il motivo principale per cui la difesa ha chiesto l'estromissione di Alessandro Diddi da questo processo d'appello è legato alle centinaia di messaggi whatsapp scambiati tra il promotore stesso e Genoveffa Ciferri o tra quest'ultima e Francesca Immacolata Chaouqui - entrambe testimoni nel primo processo - dai quali emergerebbe, secondo i legali, che «durante la fase delle indagini relative al procedimento di primo grado e durante il processo stesso in Tribunale, è stata compiuta un'attività volta a dirigere e influenzare Mons. Alberto Perlasca (ex collaboratore di Becciu poi divenuto suo principale accusatore ndr), dapprima indagato e successivamente teste dell'accusa, affinché rendesse dichiarazioni contro Sua Eminenza il Cardinale Angelo Becciu e gli altri odierni indagati, con la promessa/prospettazione che solo in tal modo non avrebbe subìto il processo e la sua posizione sarebbe stata archiviata, come poi è effettivamente avvenuto». Secondo gli avvocati di Becciu e degli altri coimputati è quindi evidente che tale coinvolgimento di Diddi nel processo di primo grado rischierebbe di minare e garantire l'imparzialità necessaria in questo secondo procedimento qualora egli continuasse a ricoprire la carica di promotore di giustizia. Sull'istanza presentata contro di lui dalla difesa, Diddi ha rilasciato una breve dichiarazione appena uscito dall'aula affermando di avere «finalmente la possibilità di potermi difendere da una serie di illazioni» e annunciando di voler «sfruttare i termini dei tre giorni per esprimere le mie considerazioni in maniera serena, in modo da risolvere i dubbi che questi mesi sono stati sollevati sulla conduzione delle indagini». La palla, come detto, passa ora nelle mani dei quattro cardinali della Cassazione vaticana.
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