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Censura più forte della pace. Anpi e ProPal alla Festa del Cinema: "Boicottate Israele"
13-10-2025, 17:27
La “Festa del Cinema” di Roma si trova al centro di un acceso dibattito politico e culturale. Decine di associazioni e collettivi italiani, tra cui AIC (Autori Italiani Cinematografici), Articolo 21 e Anpi Roma, hanno inviato una lettera aperta agli organizzatori del festival, chiedendo un boicottaggio nei confronti di film, registi e produttori che collaborano con Israele senza condannarne le politiche, accusate dai firmatari di violare i diritti umani e di praticare un sistema di apartheid. La richiesta è di mantenere il boicottaggio “fino a quando Israele non rispetterà pienamente il diritto internazionale”. Si tratta di un'iniziativa che porta la politica direttamente all'interno di un settore tradizionalmente dedicato all'arte e alla creatività. I firmatari sostengono che la cultura debba schierarsi dalla parte della “giustizia internazionale”, ma la proposta ha sollevato dubbi sulla neutralità dei festival cinematografici e sulla possibilità di trasformare luoghi artistici in tribune politiche. Nella lettera, le associazioni evidenziano che l'avvio di eventuali processi di pace non garantisce automaticamente il rispetto delle norme internazionali. Per questo motivo, chiedono che i luoghi della cultura diventino spazi di dissenso politico, replicando nelle sale quanto avviene nelle piazze italiane con manifestazioni e cortei a sostegno della causa palestinese. “Non c'è nulla da celebrare”, si legge nel testo, con riferimento ai recenti sviluppi diplomatici: la pace non deve servire a minimizzare o dimenticare i presunti crimini attribuiti a Israele, ma a ristabilire diritto, giustizia e libertà per il popolo palestinese. Le richieste concrete rivolte alla “Festa del Cinema” comprendono: garantire la libera esposizione dei simboli palestinesi all'interno degli spazi del festival; trasformare il tappeto rosso in occasione di visibilità per la causa palestinese; leggere testimonianze provenienti da Gaza, Gerusalemme Est e Cisgiordania prima delle proiezioni; concedere spazi alla campagna Venice4Palestine “Zero Complicity”, che mira a sensibilizzare l'industria cinematografica italiana; dare voce ad artisti palestinesi durante le cerimonie e gli eventi del festival. L'iniziativa, però, apre un dibattito più ampio sulla funzione della cultura nella società. Il cinema è da sempre uno spazio di creatività e narrazione universale. Strumentalizzarlo per campagne politiche selettive rischia di compromettere la sua neutralità e la libertà di espressione artistica. La “Festa del Cinema” di Roma si trova così a dover scegliere tra diventare piattaforma per attivismo politico o mantenere il proprio ruolo tradizionale di promozione della cultura e dell'arte. Le reazioni non si sono fatte attendere. Se da un lato alcuni sostengono l'iniziativa come forma di pressione morale legittima, dall'altro si sollevano critiche sul rischio che festival e operatori culturali diventino strumenti di propaganda, stravolgendo la missione originaria della cultura. Il dibattito riguarda non solo l'arte, ma la posizione dell'Italia in un contesto internazionale delicato e mette in discussione i confini tra etica, politica e cinema. In conclusione, la vicenda solleva una questione cruciale: quale ruolo deve avere il cinema italiano? Deve restare uno spazio di creatività e pluralismo o trasformarsi in veicolo di messaggi politici? La risposta influenzerà non solo la “Festa” di Roma, ma l'intera percezione del cinema italiano all'estero e il rapporto tra cultura e politica nel nostro Paese.
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