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Chi ha visto il killer? Super-testimoni a confronto tra rivelazioni e smentite
Ieri 29-05-25, 16:18
Per ricostruire le dinamiche dell'omicidio di Chiara Poggi, dopo la riapertura delle indagini sul delitto di Garlasco per cui nel 2015 è stato condannato il suo fidanzato di allora Alberto Stasi alla pena di 16 anni di reclusione, gli inquirenti – che ora seguono la pista del concorso in omicidio per Andrea Sempio (amico del fratello minore di Chiara) - devono rivalutare tutto. E in questo “tutto”, sono comprese anche le diverse e numerose dichiarazioni di testimoni che prima non erano state considerate utili ai fini delle indagini. Il 13 agosto 2007 la ragazza del paesino in provincia di Pavia viene uccisa nella sua villetta di famiglia mentre era sola, con la famiglia in vacanza. Nei giorni, nei mesi, e negli anni seguenti, sono in molti a spiegare cosa hanno visto, tra cui il supertestimone de Le Iene la cui identità è stata svelata solo qualche giorno fa dopo 18 anni di anonimato “per paura” di ritorsioni: si tratta di Gianni Bruscagin, uomo di quasi 70 anni, di cui il quotidiano La Nazione ha fatto un excursus sul passato da bodyguard del cantante Ron, unico vip di Garlasco, e da investigatore privato senza porto d'armi. Partendo proprio da quest'ultimo, cos'ha svelato di tanto importante ai fini delle indagini? Come riporta anche Libero, l'ormai noto supertestimone del programma di Mediaset, aveva riferito che una signora, ormai deceduta, gli aveva detto di aver visto la cugina Stefania Cappa (una delle due gemelle) “nel panico” entrare nella vecchia casa di proprietà della nonna “con una borsa pesante”. E che poi avrebbe sentito un tonfo, come se qualcuno avesse gettato qualcosa di pesante nel vicino canale. Bruscagin, ai tempi, avrebbe quindi confessato la sua verità all'avvocato Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia Poggi, che però l'avrebbe “stoppato”. Conseguenze di queste dichiarazioni? Due mesi fa gli investigatori hanno organizzato una maxi ricerca nella roggia vicino alla casa e il risultato è stato il ritrovamento di una testa di una mazzetta da muratore, un attizzatoio da camino e la testa di un'ascia. E riguardo alla mazzetta da muratore, c'è un'altra testimonianza che si incrocia con questo racconto risalente a una settimana dopo il delitto, offerta da un artigiano edile che, con la sua impresa, stava lavorando alla ristrutturazione della sede della Croce Garlaschese: “Mi è sparita una mazzetta dal garage adibito a ricovero delle autoambulanze di libero accesso agli addetti ai lavori ivi compresi i volontari”, queste le sue parole alle quali non venne data importanza, nonostante gli inquirenti sapessero che tra i volontari della Croce Garlaschese c'era proprio Stefania Cappa. Non può mancare all'appello anche il primo testimone in assoluto, l'operaio Marco Muschitta, che davanti ai pm disse di aver visto “una bicicletta” andare “leggermente a zig zag come se il conducente avesse qualcosa di ingombrante nella mano destra”. E che a pedalare, secondo lui, era ancora una volta Stefania Cappa. Per poi ritrattare tutto ed essere perciò considerato inaffidabile. Per non parlare, infine, dell'agricoltore che insieme a sua moglie pochi giorni dopo l'omicidio trovò in un canale vicino a Garlasco una borsa di plastica con dei “vestiti sporchi di rosso e griffati e anche un paio di scarpe”, e della vicina di casa della nonna di Chiara Poggi, che viveva a Groppello, secondo la quale le luci dell'abitazione la sera prima dell'omicidio erano accese, fatto confermato anche da altre due persone, nonostante tutti fossero in vacanza. Storie che si intrecciano, testimonianze che si accavallano e che aspettano di essere utilizzate per trovare la verità: nella speranza, stavolta, che sia quella definitiva.
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