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Ci mancava l'8 marzo islamico: minacce a Valditara e Israele maledetta
09-03-2025, 07:38
Doveva essere il corteo per la Giornata internazionale della donna. Un momento di riflessione per riflessione sull'importanza della lotta per i diritti delle donne. Invece si è trasformato, a Roma ma anche in altre città italiane, in un momento per attaccare Israele, il governo e inneggiare a regimi di stampo musulmano che di certo non sono famosi per tutelare i diritti delle donne. A Bergamo «Non una di meno» ha fatto saltare un incontro con i Pro Vita con tanto di kefiah al collo. Mentre a Pisa sempre una rappresentanza del collettivo transfemminista ha fatto un blitz nella sede di Leonardo esponendo uno striscione: «Fabbrica di morte». Chiaro il messaggio delle attiviste: «Siamo con le nostre sorelle in Palestina, in Kurdistan e nella Siria del Nord-Est che resistono ai tentativi fascisti di porre fine alla loro identità». Peccato che in quei Paesi le donne non godano esattamente di un trattamento da prendere a modello. Nel frattempo a Roma gli studenti del movimento Osa gridavano: «Israele che tu sia maledetta»; «Valditara vogliamo la tua testa». È il gruppo più rumoroso, gli slogan vengono urlati di continuo, anche contro il sindaco di Roma Gualtieri, tra le bandiere palestinesi e una gigantografia di Valditara vestito da sceriffo. La giornata è iniziata con quattro attiviste legate alla cancellata nei giardini di Piazza Vittorio, col volto coperto e con delle scritte sul petto (contro la violenza e lo sfruttamento delle donne) che si dimenano sotto un cartello con la scritta «Cosa fai?». Le mimose sulla piazza erano per lo più quelle del fioraio: poche infatti le ragazze che hanno portato quello che viene considerato un simbolo di oppressione dal movimento transfemminista che organizza la manifestazione. Ci sono bandiere e cartelli a favore delle donne di Palestina e un car.2 tello che recita «Siete fortunati che vogliamo uguaglianza non vendetta». Molti slogan dal sapore antico inneggiano all'intifada o alla lotta di classe e alla rivoluzione. Tra bandiere fucsia e cori femministi, fumogeni rosa e striscioni sui diritti delle donne il corteo è partito da piazza Vittorio per arrivare a piazzale Ugo La Malfa all'Aventino. Per l'organizzazione sarebbero circa 20mila i partecipanti. In testa al corteo uno striscione con lo slogan di quest'anno: «Lotto, boicotto, sciopero». Il corteo rosa si è così diretto verso via dello Statuto. Tanti i simboli presenti in piazza mostrati da studenti, lavoratrici in sciopero e operatrici antiviolenza. Dalle bandiere della comunità Lgbtqia a quelle della pace, dell'Ucraina, della Palestina e del Kurdistan in segno di solidarietà ai Paesi in guerra. Dal carro, al grido delle donne con al collo i panuelos, la musica ha accompagnato la sfilata, a partire dalle note di «A far l'amore cominci tu» di Raffaella Carrà, passando poi per «Boss bitch» di Doja Cat. Il tutto incalzato dai cori dei manifestanti che hanno urlato più volte: «Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce», e ancora «Cambieremo il mondo con le nostre idee». Protagonisti della manifestazione sono stati anche i tanti cartelloni e striscioni presenti che recitavano «La vergogna deve cambiare lato», in riferimento alle violenze di genere; «Maschi educatevi oppure isolatevi», «Scrivi quando sei a casa», «Sarà una festa quando il patriarcato sarà morto». Tra i temi su cui il corteo ha puntato l'attenzione anche quello dell'emancipazione professionale e lavorativa. «Il lavoro di cura è lavoro, pagateci» si leggeva su un cartello, «La povertà non è una colpa», e ancora «Lavorare stanca», recitavano altri. Non sono mancati poi i cartelloni a sfondo politico come uno sul carro di testa su cui si leggeva «Più trans, meno Trump», «Cuori accesi, fasci appesi», «La Palestina esiste dal fiume fino al mare». Verso il Colosseo, all'altezza della Basilica di Santa Maria Maggiore, dove è stata sventolata una bandiera ucraina che recitava «La guerra costa», si è svolto il minuto di rumore, diventato alternativo a quello del silenzio da dopo l'uccisione di Giulia Cecchettin a Vigonovo: la folla ha alzato le mani e sventolato le chiavi in aria, producendo un suono metallico. Dal carro in testa al corteo le manifestanti hanno spiegato: «Queste chiavi non sono simbolo della nostra paura, ma simbolo del nostro desiderio di attraversare la strada in sicurezza, oggi scioperiamo dal ruolo di vittima perfetta. Noi siamo marea e non potrete fermarci».
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