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Conclave, la guerra dei dazi tra Usa e Cina entra in Cappella Sistina
Oggi 05-05-25, 07:39
Lo scorso 14 settembre, sul volo di ritorno dal lungo e spossante Viaggio Apostolico in Asia e Oceania, Papa Francesco così rispondeva alla domanda di un cronista sui rapporti tra Santa Sede e Cina: «Io sono contento del dialogo con loro, il risultato è buono anche sulla nomina dei Vescovi. Ho sentito la Segreteria di Stato su come vanno le cose, sono soddisfatto». Bergoglio inoltre aggiungeva: «Credo che la Cina sia una promessa e una speranza per la Chiesa». Quelle parole non ebbero un'eco planetario, furono anzi sopite per non dar modo ai media occidentali di strumentalizzarle troppo, ma nell'America che di lì a due mesi avrebbe consegnato per la seconda volta le chiavi della Casa Bianca a Donald Trump fecero scalpore. Fonti molto attendibili raccontano che la reazione del tycoon a questa apertura del Papa nei confronti del nemico cinese fu di sconcerto e di rabbia. Francesco, rispondendo ai giornalisti sull'aereo che lo stava riportando in Italia da quello che sarebbe stato il suo penultimo Viaggio fuori dal Vaticano, si riferiva agli accordi che la Segreteria di Stato guidata da Pietro Parolin era riuscita a siglare con la Repubblica Popolare cinese sulla nomina dei vescovi (che negli anni precedenti erano stati più volte consacrati senza il via libera del Romano Pontefice) già nel settembre 2018 e poi rinnovati con cadenza biennale nell'ottobre 2020 e a fine settembre 2022. Proprio nei giorni in cui il Papa era in Asia e Oceania il Segretario di Stato Pietro Parolin era riuscito a incassare un ulteriore rinnovo degli accordi, stavolta non biennale ma quadriennale. Guardando con gli occhi della Santa Sede questo non può che essere considerato un successo del numero due vaticano, anche perché fu Bergoglio in prima persona a spingere fortemente per l'accordo inviando Parolin in Cina numerose volte per affinare e poi chiudere la trattativa. D'altronde, il fattore principale che ha guidato la Santa Sede nel dialogo con le autorità civili cinesi è stato innanzitutto ispirato dalla necessità di tutelare la comunità cattolica locale molto spesso vessata e oppressa. Tuttavia, per gli Stati Uniti quest'apertura vaticana nei confronti del governo cinese è apparsa come un pugno nello stomaco. Ora che Francesco è morto e il Collegio cardinalizio si accinge ad eleggere il nuovo Papa, l'amministrazione americana vuole tentare in tutti i modi di far saltare il banco del dialogo vaticano con la Cina e per far questo il primo obiettivo dichiarato è affossare la possibilità che a succedere a Bergoglio sia il suo Segretario di Stato, che su quegli accordi ha reiteratamente apposto la propria firma. Ecco svelato il perché nei giorni scorsi la notizia di un presunto malore di Parolin è stata rilanciata da alcuni siti e blog americani ultraconservatori molto legati all'inquilino della Casa Bianca. E per la stessa ragione ieri è stato smentito l'accordo tra il gruppo dei cardinali conservatori e i sostenitori dell'ex Segretario di Stato finalizzato alla sua possibile ascesa al papato. In quest'ultimo caso Trump, già spernacchiato a livello globale per l'ignominioso fotomontaggio pubblicato sui suoi social in cui appare vestito da Papa, ha mandato avanti l'Ungheria dell'amico Orbán. In modo del tutto anticonvenzionale l'ambasciatore ungherese presso la Santa Sede Eduard Habsburg ha definito false le notizie di questi giorni che riportavano un patto ormai siglato tra il Cardinale ungherese Peter Erdö e il suo omologo di porpora Pietro Parolin per l'elezione di quest'ultimo. Sorvolando sulla caduta di stile che ricorda i tempi oscuri in cui le potenze cattoliche s'intromettevano apertamente nell'elezione del Vicario di Cristo (alcune avevano anche un vero e proprio diritto di veto), va però rilevato che né i cardinali statunitensi Dolan e Burke, scudieri di Trump in Conclave, né l'ungherese Erdö hanno avuto alcun mandato dal gruppo dei porporati conservatori di trattare con chicchessia a nome di tutti. L'astio di molti nei confronti di Pietro Parolin ha sfaccettature e anche storie personali diverse, molti di questi però s'intrecciano spesso con il macigno degli accordi siglati con la Cina ed ecco perché, in modo del tutto anomalo rispetto ai conclavi passati, il peso della Repubblica Popolare su questa elezione papale si fa sentire ogni giorno che passa di più.
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