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Così vogliono uccidere la destra e fermare i conservatori
Oggi 18-09-25, 07:38
Niente slogan, niente polemiche a buon mercato, niente speculazioni politiche a basso costo. Restiamo ai fatti, che negli ultimi dieci anni raccontano una verità nuda e cruda: le figure politiche di destra, in tutto il mondo, sono state più volte bersaglio di violenza e di inchieste giudiziarie assai discutibili che hanno inciso profondamente sulle loro carriere, nonché sull'esito di numerose tornate elettorali. Tutto ciò è vero, clamorosamente vero e, va detto, drammaticamente vero. Adesso mettiamo in fila nomi e date: vedrete che non c'è proprio niente su cui scherzare o fare polemiche “sinistre”. Cominciamo dagli attentati. Stati Uniti, 14 giugno 2017: Steve Scalise, leader repubblicano alla Camera, viene ferito gravemente da un estremista di sinistra durante un allenamento di baseball. Brasile, 6 settembre 2018: Jair Bolsonaro, allora candidato alla presidenza, sopravvive a una coltellata che lo costringerà a più interventi chirurgici. Germania, 2 giugno 2019: Walter Lübcke, cristiano-democratico, viene assassinato davanti a casa da un estremista di destra, segno che l'odio politico colpisce anche all'interno dello stesso campo. L'elenco non si ferma. Giappone, 8 luglio 2022: l'ex premier Shinzo Abe cade sotto i colpi di arma da fuoco di un attentatore solitario. Stati Uniti, 13 luglio 2024: Donald Trump è ferito di striscio a un comizio in Pennsylvania (si salva per un centimetro o poco più). Due mesi dopo, 15 settembre, un nuovo tentativo contro di lui in Florida, sventato in extremis. Germania, estate 2025: sette candidati locali dell'AfD muoiono in poche settimane, per cause naturali secondo la polizia, ma la coincidenza scatena sospetti e speculazioni amplificate da Alice Weidel e perfino da Elon Musk. Colombia, giugno 2025: Miguel Uribe Turbay, senatore del Centro Democrático, cade sotto i colpi di un sicario e muore ad agosto. Stati Uniti, 10 settembre 2025: Charlie Kirk, fondatore di Turning Point USA, è ucciso durante un discorso in un'università dello Utah. I nomi e le date sono lì a ricordarci che la violenza politica non è un fantasma. E il dato di fondo è chiaro: la gran parte delle vittime appartiene al mondo conservatore o sovranista. È un trend globale, che attraversa continenti e regimi politici differenti. Passiamo ora alla giustizia. Qui il discorso è più complesso: non tutti sono innocenti e non tutti colpevoli. Ma un punto emerge con forza: le grandi inchieste che hanno limitato, escluso o messo sotto accusa leader politici hanno colpito quasi sempre la destra. Marine Le Pen è stata condannata nel marzo 2025 per uso illecito di fondi europei e rischia l'esclusione dalle presidenziali francesi. Matteo Salvini è ancora alle prese con il processo per la vicenda Open Arms: assolto in primo grado, ma con appello dei pm pendente. In Romania, Calin Georgescu e George Simion, entrambi espressione della nuova destra nazionalista, sono stati estromessi dalle elezioni tra accuse di corruzione e legami con Mosca. In Brasile, Jair Bolsonaro è ineleggibile fino al 2030 e ha appena ricevuto una condanna a 27 anni per complotto golpista. Negli Stati Uniti, Donald Trump ha accumulato indagini e procedimenti: nonostante ciò, ha vinto le presidenziali 2024, ma i processi pendenti continuano a influenzarne l'immagine. In Polonia, Andrzej Duda è stato escluso dalle primarie del suo stesso partito e indiziato per corruzione. In Spagna, Santiago Abascal di Vox rischia fino a cinque anni di ineleggibilità per un procedimento su hate speech. In Grecia, Nikos Michaloliakos, capo di Alba Dorata, è in carcere dal 2020 e fuori gioco fino al 2033. In Ungheria, Viktor Orbán è costantemente al centro di indagini europee per uso illecito dei fondi e rapporti opachi con Mosca. Accanto a questi, ci sono i casi che potremmo definire “alla Wilders”: condanne per incitamento all'odio senza esclusione dalle urne. Geert Wilders in Olanda, Éric Zemmour in Francia, Alice Weidel in Germania, Heinz-Christian Strache in Austria, Jimmie Åkesson in Svezia. Tutti leader della destra radicale, tutti sanzionati dai tribunali per parole considerate discriminatorie, ma ancora in campo politico. Anche qui il segnale è evidente: quasi mai la sinistra viene toccata da procedimenti di questo tipo, mentre la destra si trova sotto la lente con sistematicità. Certo, ogni caso è diverso. Qualcuno tra questi leader avrà commesso errori o addirittura reati. Ma nel loro insieme i dati parlano chiaro: negli ultimi dieci anni le figure della destra – conservatrice, populista, sovranista – sono state più spesso delle altre sotto tiro, nel senso letterale delle pallottole e in quello giudiziario delle sentenze. La politica resta il campo dello scontro e del consenso. Ma se mettiamo in fila episodi, processi e violenze, una conclusione si impone: la destra è nel mirino. Quella destra che combatte una certa globalizzazione che a molti “poteri forti” proprio non piace.
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