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Dal golpe contro Berlusconi alla persecuzione di Trump fino al processo a Salvini e l'estromissione di Georgescu
Ieri 01-04-25, 08:09
Il caso di Marine Le Pen, fatta fuori da una magistratura lontana anni luce dal concetto di imparzialità e terzietà, è solo l'ultimo di una lunga ed ignobile serie. In Italia, in Europa e negli Stati Uniti la rive gauche, quando non può sconfiggere il nemico (perché, in questo caso, parlare di avversario è davvero improprio), lo depenna attraverso dei processi. Col beneplacito delle toghe rosse. Impossibile non iniziare questa carrellata da Silvio Berlusconi. Imprenditore di successo, fino al 1993 è un uomo ricco, potente, vicino al Psi di Bettino Craxi, ma mai sfiorato da azioni penali rilevanti. Per essere precisi, prima della famosa “discesa in campo”, sono stati due i rapporti per la giustizia e il fondatore di Mediaset: nel 1983, quando la Guardia di Finanza compì degli accertamenti su un suo presunto coinvolgimento in un traffico di droga in Sicilia (l'inchiesta venne archiviata), e nel 1990, per la vicenda relativa alla sua iscrizione alla lista P2. Poi, come per magia, dopo l'appoggio a Gianfranco Fini alla corsa al Campidoglio, che gli valse l'epiteto di “Cavaliere Nero”, si scatenò un'attenzione morbosa della magistratura nei suoi confronti. Da allora il Lodo Mondadori, All Iberian 1 e 2, il caso Lentini e la vicenda delle cosiddette Olgettine (solo per citarne alcuni), per un totale di 32 processi. Le condanne? Una sola. C'erano settimane, a cavallo tra la fine del secondo e l'inizio del nuovo millennio, in cui il calendario del Palazzo di Giustizia prevedeva fino a quattro se non cinque udienze solo per lui. Nella sala stampa del tribunale chiamavano al telefono fisso giornalisti da tutti i continenti per avere informazioni sulle tempistiche dei suoi processi. L'unica condanna a quattro anni di carcere per frode fiscale fu quella del processo Mediaset sulla compravendita dei diritti televisivi e cinematografici con società statunitensi per 470 milioni di euro. Siamo al primo agosto del 2013, la sentenza arriva dopo dieci anni di lotte in aula tra il pubblico ministero Fabio De Pasquale e gli storici avvocati del Cavaliere, Niccolò Ghedini e Piero Longo, ai quali nell'ultima fase si aggiunge Franco Coppi. Una condanna che fece scattare la legge Severino, i lavori socialmente utili e un'umiliazione senza precedenti per un uomo di Stato come il quattro volte Presidente del Consiglio. Un esilio, dal Parlamento italiano, durato ben nove anni. Poi, nel 2022, l'elezione in Senato e il ritorno, da trionfatore, a Palazzo Madama. Restando in Italia, hanno del clamoroso anche i casi che hanno riguardato, da vicino, Matteo Salvini prima, Giorgia Meloni poi. Il leader della Lega ha rischiato sei anni di detenzione per aver impedito che le Ong dettassero l'agenda politica dell'Italia. Un processo, quello Open Arms, terminato con l'assoluzione piena, perché «il fatto non sussiste», ma che ha impedito al segretario del Carroccio di tornare al Viminale. Secondo la Procura Salvini avrebbe deciso di non far sbarcare gli immigrati da solo, senza confrontarsi con l'allora Primo Ministro, Giuseppe Conte e col ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli. Infine, il caso Almasri, il militare libico al centro di un intreccio internazionale e ad una mozione di sfiducia individuale (rimanda al mittente) per il Guardasigilli, Carlo Nordio. Il premier Giorgia Meloni, il ministro della Giustizia, il ministro degli Interni, Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano hanno ricevuto dalla procura di Roma un avviso di garanzia con le ipotesi di favoreggiamento e peculato. Per un atto evidentemente politico, di ragion di Stato. A livello europeo, ha del clamoroso il caso del rumeno Călin Georgescu. Dopo l'annullamento delle elezioni presidenziali dell'autunno scorso, il 9 marzo la commissione elettorale ha respinto persino la sua candidatura per il nuovo scrutinio. Una decisione che ha provocato vibranti proteste a Bucarest. Georgescu, su X, lo ha definito un «attentato alla democrazia». Sei i capi d'accusa nei suoi confronti: istigazione ad azioni contro l'ordine costituzionale, comunicazione di false informazioni, false dichiarazioni finanziarie in forma continuativa, promozione in pubblico del culto di persone colpevoli di crimini di genocidio e crimini di guerra, costituzione o sostegno a un'organizzazione di carattere fascista, razzista, xenofoba o antisemita. La sua “colpa” più grande? Essere antagonista alla politica europeista imposta dal presidente francese Emmanuel Macron. Non va infine dimenticato Donald Trump: anche nei suoi confronti la magistratura ha cercato, in ogni modo, di condizionare la corsa alla Casa Bianca a colpi di sentenze (ultima in ordine temporale il caso di Stormy Daniels, la pornostar con cui Trump aveva avuto una fugace relazione sessuale nel 2006). Un tentativo supportato dell'intellighenzia progressista, certa di poter influenzare il voto popolare. Una convinzione smentita dalla storia.
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