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Dalla missione in Perù al dicastero dei vescovi: ecco chi è l'agostiniano doc che Bergoglio volle a Roma
Oggi 09-05-25, 08:50
Il Papa americano tanto sognato dal cattolicesimo a stelle e strisce è un americano atipico. Si chiama Robert Francis Prevost, è nato a Chicago ma la sua storia ecclesiastica è legata a Chiclayo, nel Perù settentrionale. Qui ha fatto il missionario e qui Francesco lo ha voluto vescovo nel 2015 dopo un'esperienza da amministratore apostolico. È il primo agostiniano ad arrivare alla soglia di Pietro. Una rivincita per un ordine che prima del maltese Prosper Grech nel 2012 non entrava nel sacro collegio addirittura da 111 anni. I cardinali elettori, dopo il gesuita Bergoglio, hanno scelto un altro religioso. E Prevost non è un agostiniano qualsiasi perché è stato priore dell'ordine per due mandati, dal 2001 al 2013. Un agostiniano doc che per la tesi di dottorato in teologia scelse come tema «Il ruolo del Priore locale dell'Ordine di Sant'Agostino». Così come fece Ratzinger nel 2005, Prevost sceglie il nome di un predecessore che ha governato nel Novecento ma che è precedente al Concilio Vaticano II. Leone XIV è un omaggio al Papa della Rerum Novarum. Una scelta che non dispiacerà a un pezzo grosso dell'amministrazione Trump, il segretario di Stato Marco Rubio, cattolico di origini cubane e che in passato ha citato spesso la prima grande enciclica sociale della Chiesa. Delle sue posizioni si sa poco, ma Francesco lo ha voluto in Curia dal 2023 per sostituire Marc Ouellet nello strategico dicastero per i vescovi. Una postazione perfetta per conoscere e farsi conoscere dai vescovi di tutto il mondo, compresi quelli con berretta cardinalizia. Un percorso insolito il suo: Prevost ha studiato alla Villanova University della Pennsylvania laureandosi in matematica ma qualche anno dopo è entrato nell'ordine agostiniano. Inviato a Roma, Prevost è stato studente dell'Angelicum. Il Perù è nel suo destino con l'attività di missionario a Piura e ben undici anni a Trujillo prima di tornare negli Stati Uniti per l'elezione a priore. Il suo nome potrebbe essere stata la prima alternativa al grande favorito, Pietro Parolin, che evidentemente in Sistina non è riuscito a raccogliere i due terzi dei voti necessari. Una mano tesa all'America di Trump che ha il «suo» Papa. Forse il tycoon avrebbe preferito vedere vestito di bianco l'amico Timothy Dolan, ma certamente la notizia non gli guasta i pasti a differenza di quanto sarebbe accaduto, invece, se dalla loggia si fosse affacciato uno tra Blase Cupich, Joseph Tobin, Wilton Gregory, Kevin Farrell o Robert McElroy. Difficilmente Leone XIV sarà il Papa anti-Trump che forse qualcuno sperava, così come in questi due anni in Curia non è apparso come nemico con nessuno. Prevost si è sempre dimostrato un uomo equilibrato, pronto a dialogare con tutti i vescovi a prescindere dalla loro sensibilità ecclesiale. Intanto si esulta nella curia generalizia degli agostiniani, un ordine che non stava vivendo il suo momento migliore e che ora conoscerà senz'altro un rilancio grazie all'elezione del suo ex priore. Nelle loro conversazioni i padri italiani che lo hanno conosciuto non trattengono la gioia, non solo per una questione di appartenenza ma anche per l'ottimo ricordo che l'uomo ha lasciato nella maggior parte di loro. Esultano negli Stati Uniti, ma anche nel Perù che lo ha adottato. Sul soglio di Pietro arriva un Papa dalle contraddizioni positive: un nordamericano legato all'America Latina al punto tale che nell'esordio sfodera anche lo spagnolo. Lui che fu ordinato vescovo nel giorno della festa della Madonna di Guadalupe. Un cosmopolita che però conosce bene Roma e la Curia, in grado di stupire il mondo scegliendo il nome di un Papa nato a Carpineto Romano. L'approdo in Vaticano nel 2023 non è stato un trauma perché all'interno del suo ordine si era già occupato di curare i rapporti con i dicasteri della Santa Sede, grazie anche al suo bagaglio di lingue straniere conosciute che oltre all'inglese e lo spagnolo comprende anche l'italiano, il francese, il portoghese e il latino. Tra le stanze del Palazzo Apostolico, qualora decidesse di andare a vivere lì, si troverà a suo agio proprio come nelle missioni peruviane.
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