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Dietro l'addio di Musk al Doge. Rampini: crolla "il teorema dell'oligarchia"
29-05-2025, 13:03
Il "sodalizio oligarchico" che avrebbe dovuto guidare gli Stati Uniti d'America almeno per i prossimi quattro anni si è già disciolto sotto i colpi del “pragmatismo” di Donald Trump, del fallito tentativo di “spending review” di Elon Musk e degli effetti negativi dell'impegno politico sulla sua attività imprenditoriale. Secondo Federico Rampini, giornalista esperto di politica statunitense, sono queste le ragioni che hanno condotto il numero uno di Tesla a optare per un dietrofront che era ormai nell'aria. “Mentre il mio tempo programmato come impiegato speciale del governo volge al termine, vorrei ringraziare il presidente Trump per l'opportunità di ridurre gli sprechi”: un annuncio, quello pubblicato sul suo profilo X, di una sobrietà che Rampini interpreta così sul Corriere della Sera: “Non è stata l'egomania a guastare l'asse Trump-Musk”, ma “una precisa scelta del presidente sugli interessi sociali che preferisce rappresentare”. L'editorialista corrispondente da New York non si dice sorpreso dall'addio di Musk al suo incarico alla guida del DOGE, il Department of Governement Efficiency che avrebbe dovuto tagliare le spese pubbliche improduttive e ridimensionare la burocrazia: “La notizia è clamorosa solo in apparenza”. Per Rampini si tratta di “un colpo di scena solo per chi si era affezionato al teorema dell'oligarchia”, e quindi “l'idea che l'America con l'elezione di Trump avesse smesso di essere una democrazia, per diventare un regime diretto da un ristretto gruppo di plutocrati, capitalisti onnipotenti. Il teorema non è sopravvissuto neppure per pochi mesi alla prova della realtà”. Anzi, “Musk, che doveva essere il numero uno dei presunti oligarchi, si ritira con la coda fra le gambe”. Come si è arrivati al deludente epilogo? “Musk è stato anch'egli vittima dell'illusione di molti imprenditori prestati alla politica, che hanno creduto ingenuamente di poter trasferire nel settore statale il decisionismo e la velocità delle aziende private”. E per Rampini, in questo senso, esistono analogie con altri “tecnocrati” italiani come “Mario Draghi, Mario Monti e Carlo Cottarelli”. La “dieta dimagrante” che voleva imporre al Paese riguardo agli sprechi e alla burocrazia ha dovuto soccombere alle “mille resistenze”, tra le quali spiccano “l'alleanza fra le lobby del pubblico impiego” e il fatto che “la magistratura ha bloccato molte delle sue decisioni”. Trump si è trovato di fronte a un bivio: scegliere tra “i desideri della base operaia che lo ha riportato alla Casa Bianca” e “l'ideologia di Musk, che ha qualche alleato in seno al “vecchio” establishment repubblicano”. Non ha potuto far altro che optare per la prima. Rampini infila il dito nella piaga, e parla senza mezzi termini di “sconfitta” per il padrone di X, che “non è riuscito a manipolare l'opinione pubblica” con il suo social: “Musk cerca di presentare questa sua ritirata in termini non conflittuali, afferma di rimanere in ottimi rapporti con Donald Trump. Può darsi che sia vero. Ma la sua delusione è evidente. Ha subito una sconfitta”.
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