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Draghi, il ritorno e il sogno Quirinale: manovre al centro con Ruffini e... Di Maio
Oggi 23-11-25, 11:16
Il sogno di ogni italiano che vuole adoperarsi per la cosa pubblica si chiama Quirinale. Ecco perché Mario Draghi, dopo aver guidato l'Italia nel momento più difficile, aver raggiunto ogni possibile soddisfazione, ha un solo obiettivo: salire al Colle. Parliamo di un'impresa difficile, ma non impossibile. Sergio Mattarella certamente non farà un terzo mandato e i curricula per ricoprire un ruolo del genere non abbondano. Detto ciò, per salire al Quirinale non bastano i titoli, occorrono piuttosto palazzo, equilibrio, convergenze, strategia o meglio tutte parole che poco hanno a che vedere con la finanza. Ecco perché l'ex premier per fare il "classico balzo in avanti" non può fare a meno del complesso e variegato universo dei partiti. In una maggioranza blindata su una figura amata e stimata come Meloni lo spazio è poco. Esiste, al contrario, un'opposizione che ha difficoltà a vincere e per tornare a farlo deve rimescolare le carte, ricercare profili nuovi. La sinistra-sinistra di Elly, ad esempio, ha bisogno di recuperare quanto prima quei moderati senza di cui in Italia, dal dopoguerra in poi, non si vince. E se c'è in Italia un profilo che in tale mondo non divide è proprio quello dell'ex banchiere, poi diventato primo inquilino di Palazzo Chigi. Quest'ultimo certamente non può candidarsi nel primo collegio o listino bloccato che capita, ma certamente può dire la sua in termini di energie, suggerimenti e personalità da coinvolgere. A capirlo bene Ernesto Maria Ruffini, l'ex direttore dell'Agenzia delle Entrate, il quale se vuole giocarsi una partita non può accontentarsi del primo Spadafora che capita. Ha bisogno, piuttosto, di quel mondo e del suo amico Di Maio per fare da ponte con chi non è un habitué nelle rinomate sedi partitiche. Gigino, poi, ha tutto l'interesse a spendersi per tale missione, considerando che a marzo 2027 gli terminerà il mandato da delegato continentale nel Golfo Persico. Ecco perché avrebbe richiamato il suo ex alleato Bruno Tabacci, colui che per Impegno Civico lo ha fatto trovare fuori dai grandi stanzoni capitolini. Sarebbe stato proprio quest'ultimo a contattare il punto di convergenza del nuovo corso centrista e a proporgli una serie di profili vicini al banchiere più stimato dagli italiani. In tal senso, dicono i ben informati, proprio su regia dell'ormai ex 5 Stelle, ci sarebbe stato più di qualche incontro tra i corridoi di Bruxelles. Nessuna conferma, ma si vociferano in particolare due personalità di alto spessore che il buon Draghi sarebbe pronto a far scendere in campo per favorirgli la partita delle partite. Il primo è quello di Paola Ansuini, portavoce di Palazzo Chigi ai tempi della pandemia, adesso responsabile della comunicazione della Banca d'Italia. Una donna su cui certamente non si può dibattere, sia dal punto di vista professionale che umano. Il secondo è Antonio Funiciello, già capo di gabinetto dell'ex premier. Un professionista apprezzato, non poco, nell'universo cattolico, considerando il suo passato da capo staff di Gentiloni e il rapporto privilegiato con Renzi. Non è, dunque, utopia pensare che la rivoluzione a centro, auspicata dal consigliere del Capo di Stato Garofoli, che ha generato tante polemiche, possa passare proprio per questo canale. Il mai dimenticato Draghi, d'altronde, sa bene che gli farà comodo avere, sin da subito, fedelissimi in Transatlantico in ottica Quirinale. Quale migliore occasione di questa per ritagliarsi il famoso "spazio" e tirare le file, in vista di una partita che sembra essere lontana, ma tra le alte cariche è più attuale di quanto si possa pensare? Più di qualcuno, infatti, teme che l'indiscussa Giorgia possa giocarsi da sola anche il dopo Mattarella e ciò è l'incubo peggiore per quel che resta dell'universo progressista.
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