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"È la volta buona per... inceppare il ragazzino", cosa diceva la Cappa
05-06-2025, 07:47
«Spero sia la volta buona per...inceppare il ragazzino! Ci siamo capiti di chi parlo...anche perché le prove sono contro di lui e quindi più di così non lo so...sì ma, guarda è una cosa che ho sempre saputo...proprio dalle indiscrezioni che trapelavano dagli stessi carabinieri piuttosto che...anche dei Ris, proprio perché parlando con colonnelli, comandanti...chi più ne ha più ne metta! Per tranquillizzarmi mi dicevano direttamente le cose». È il 7 novembre 2007 e a parlare è Paola Cappa, la cugina di Chiara Poggi. Quel giorno la gemella chiama il professor Luca Barbarito e gli confida che sta prendendo malissimo, con attacchi di panico e pensieri suicidi, ogni notizia che appare sulla stampa, in particolare gli articoli di Vittorio Feltri, oggetto anche dell'attenzione del padre Ermanno Cappa, il quale già si era mosso contro il direttore del quotidiano Libero, riferendo lui stesso alla moglie, l'11 ottobre, di aver «un incontro con alcuni deputati per attaccare Feltri e scoprire chi gli passa i documenti a favore di Alberto Stasi». Paola, infatti, si era lamentata soprattutto per la pubblicazione del suo verbale, nel quale parlava agli inquirenti degli abusi sessuali subiti da piccola, e dell'articolo in cui venivano gettate ombre su di lei, in merito all'appunto «ore 7.45 iniezione Paola», trovato nella villetta di via Pascoli, dove il 13 agosto Chiara è stata uccisa. La gemella si sfoga con il professore, il quale le chiede «non ci dovrebbero essere altri clamorosi exploit su questa roba qua?». È allora che Paola risponde «io credo, e da un lato spero di sì. Nel senso che, spero sia la volta buona per...inceppare il ragazzino», e poi svela che «è una cosa che ho sempre saputo...proprio dalle indiscrezioni che trapelavano dagli stessi carabinieri piuttosto che...anche dei Ris, proprio perché parlando con colonnelli, comandanti...chi più ne ha più ne metta! Per tranquillizzarmi mi dicevano direttamente le cose». Le stesse circostanze millantate in più occasioni anche dalla gemella Stefania, che già il 6 settembre 2007, a tre settimane dall'omicidio di Chiara dice che «non c'è traccia di Dna di...non ci sono le nostre tracce da nessuna parte...io oltretutto saprei di più di questo processo, però non posso dirlo per telefono purtroppo, perché ce l'ho...(sotto controllo)». Parlando con un giornalista il 3 novembre della relazione dei Ris prossima al deposito e sulla possibilità che l'impronta sporca di sangue corrisponda alle Hogan di Stasi, Stefania dice che «per quanto ne so io...ne verrà fuori un bel po'di roba...due grandi tornate non posso dire di più...io dagli altipiani...anche io so le mie cose». E il 19 novembre, allo stesso cronista che le chiede un'intervista, nel rispondere che «siccome devono valutare l'alibi difensivo non è il momento di parlare», gli chiede della relazione del Ris. «Ma tu le hai in mano quelle 200 pagine?...Vedi io invece ho avuto l'occasione di valutarle...non le posso avere però ho avuto l'occasione di valutarle». Intanto ieri la famiglia Poggi è tornata a parlare, dopo alcune insinuazioni sulla vita di Chiara. «Siamo disgustati da queste illazioni. La vita di nostra figlia è stata scandagliata e non hanno trovato niente, non aveva amanti né un secondo telefono. Chiara era una ragazza pulita, adesso basta».
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