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Elly ora dà i numeri. "Regionali? Vinciamo noi". Ma il Pd ne ha perse 13
Oggi 10-11-25, 07:38
La piccola vacanza napoletana serve alla segretaria del Pd per ritrovare l'entusiasmo. E per tornare a sognare: insomma, più Alice che Elly. La numero uno del Nazareno interviene al congresso dei Giovani Democratici (che elegge come segretaria Virginia Libero) e, a voce alta, apre il libro dei desideri: «Sono certa che vinceremo con Roberto Fico in Campania e nelle altre Regioni al voto». Non solo: «Questo sarà l'antipasto del 2027, quando andremo a battere queste destre e ridaremo una speranza al Paese. Lo faremo con una coalizione progressista e con un Pd forte e rinnovato». Dal palco della Casa della Musica, Elly Schlein ripercorre le battaglie dem delle prossime settimane: dalla manovra di bilancio («Siamo per la redistribuzione delle ricchezze, del potere, ma anche del tempo, che è diventato una risorsa fondamentale») al referendum sulla giustizia («Meloni vuole la magistratura sottomessa alla politica»). Il fiato che le serve per arrivare a un traguardo sempre più difficile da raggiungere, una sorta di isola che non c'è. Da Milano, dal Festival de Linkiesta la insegue lo scetticismo. Dice Paolo Gentiloni: «Se pensiamo che c'è già l'alternativa alla Meloni, ok, good luck». Sulle regionali, che rischiano di essere l'ultima buccia di banana, la segretaria invece va avanti: «Le uniche due Regioni che si sono spostate in questi anni le abbiamo vinte noi, non la destra. E i bilanci si fanno alla fine». A settembre, alla vigilia del voto nelle Marche, la parola d'ordine era un'altra: «Vinceremo». Peccato che da quando è in carica il governo Meloni il centro destra ha vinto in 13 regioni, controle 4 del centrosinistra (Sardegna, Umbria, Emilia Romagna, Toscana). Costretta dai risultati (le sconfitte di Matteo Ricci e di Pasquale Tridico in Calabria) a rivedere i suoi piani, Elly Schlein cerca una via di fuga, con il Nazareno che nel frattempo assomiglia sempre di più a una fortezza assediata. Soprattutto dall'interno. Come se all'allenatore di turno fosse data un'ultima possibilità per salvare la panchina. Senza aver ottenuto il segno «più» alle elezioni regionali (le ultime tre, Veneto, Campania e Puglia, andranno alle urne il 23-24 novembre), il match decisivo per la sopravvivenza potrebbe essere il referendum sulla separazione delle carriere, previsto per la primavera del prossimo anno. Consapevole dei rischi che corre, la segretaria dem, all'ombra del Vesuvio, trasmette un messaggio in bianco e nero: la destra è «cattiva», il campo largo è «buono». La legge di bilancio? «La destra, come al solito, aiuta chi è più ricco», dice Elly Schlein. La pace in Medio Oriente? «Non si fa la pace senza il diritto all'autodeterminazione del popolo palestinese: continueremo a batterci per il pieno riconoscimento di uno Stato di Palestina», urla dall'assise dei Gd. Poi la classica arrampicata sugli specchi: «Quando abbiamo perso le elezioni del 2022, ci davano per morti. Non ho visto tanti partiti crescere di dieci punti dopo una sconfitta e arrivare alle europee». Uno stato di salute leggermente ritoccato: da settimane il Pd nei sondaggi è ancorato intorno al 21%. Una percentuale che fotografa una situazione di stallo: la segretaria riesce a difendere il fortino storico dei voti a sinistra, ma non riesce ad espandersi. Una diagnosi confermata ieri, in un'intervista al Corriere della Sera, da Pier Ferdinando Casini: «Un conto è mettere in piedi un cartello dei No, un conto è realizzare una coalizione alternativa e coesa». Alla fine della giornata napoletana la segretaria può portare a casa solo l'inattesa stretta di mano con Vincenzo De Luca. Da re dei «cacicchi» ad amico indispensabile
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