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Garlasco, il genetista della prima perizia è sicuro: "Dna di due uomini"
19-03-2025, 08:24
Non crede di aver sbagliato Francesco De Stefano, il genetista che firmò la prima perizia sui Dna e le tracce sul luogo del delitto di Chiara Poggi, a Garlasco. E che oggi viene messa in discussione dalla difesa di Alberto Stasi, condannato in via definitiva, con una nuova perizia basata su strumenti tecnologici che all'epoca non c'erano e che indica in quel Dna la firma genetica di Andrea Sempio, amico del fratello della vittima. De Stefano in una intervista al Corriere della sera afferma di aver rivisto il suo lavoro in questi giorni ma di essere convinto di non aver sbagliato: "I risultati quelli sono e quelli restano". "Quel che è scritto è risultato durante le operazioni peritali a Genova, tra l'altro in presenza e in accordo con i consulenti di Alberto Stasi. Se ci sono quattro marcatori su 16 quelli sono. Se c'è solo il cromosoma Y c'è solo lui. E vorrei ricordare che il cromosoma Y ci dice che la persona è di sesso maschile, non ci serve a identificare chi potrebbe essere", spiega il professore. Il genetista spiega che secondo lui nel materiale ritrovato, esiguo, c'è il Dna di due persone di sesso maschie, ma purtroppo "non era attribuibile a nessuno". La difesa di Stasi è arrivata ad altre conclusioni, con l'utilizzo di un nuovo software. "Ci sono tecniche nuove, ne sono felice, grazie al cielo la scienza si evolve. Se mi smentiranno ne prenderò atto. Ma venirmi a dire che con quei dati si sarebbe potuta fare un'identificazione... mi cadono le braccia e dico: va bene, fate come vi pare. Poi le cose si riassumono dentro un'aula di tribunale. Io al giudice ripeterò quello che ho già scritto in quella perizia, compresa la questione del trasferimento", è lo sfogo del professore che ribadisce: il Dna sulle unghie di Chiara Poggi è "trasferito da contatto con oggetti". E attacca il "narcisismo ricostruttivo che molti praticano". Tuttavia, sono tante le domande che necessitano di una risposta nel caso di Garlasco. La prima è se c'è un innocente in carcere.
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