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Garlasco, sotto esame i capelli nel lavandino: cosa può cambiare per Stasi
28-05-2025, 15:12
La Procura di Pavia indaga su "4 capelli neri lunghi" trovati nel lavabo della casa di Chiara Poggi per riscrivere la storia del delitto di Garlasco. Secondo i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano dimostrerebbero che il "lavandino non è mai stato lavato dalla presenza di sangue", circostanza che smonterebbe una delle prove più 'pesanti' a carico di Alberto Stasi: il lavaggio del lavabo da parte dell'assassino, riconosciuto dalle sentenze definitive, in corrispondenza di un'impronta di scarpa insanguinata sul tappetino del bagno e le 'innaturali' impronte digitali degli anulari di Stasi lasciate sul dispenser del sapone durante il risciacquo. Per gli investigatori "i capelli", trovati senza bulbo e quindi inutili per accertamenti genetici, fotografati durante il sopralluogo nella villetta di via Pascoli con lo scatto catalogato con la sigla 'DSC03064', "sarebbero stati portati via dall'acqua" in caso di riasciacquo, si legge negli atti. Un elemento già emerso in passato e bocciato dai magistrati che si sono occupati dell'inchiesta su Garlasco e quelle successive su Andrea Sempio, parlando di "affermazione priva di fondamento logico". Perché è "processualmente accertato", dalla fotografia di una mano insanguinata sul pigiama della 26enne uccisa e la ricostruzione dei passi del killer nella casa operata dalle perizie, "che l'assassino aveva le mani imbrattate di sangue e che si è recato in bagno per lavarsi". La persistenza di 4 capelli sul fondo sarebbe stata compatibile con un risciacquo durante fasi concitate perché "il sangue, liquido e solubile in acqua, viene lavato molto più facilmente dei capelli che, stante la loro forma e lunghezza, rimangono più facilmente sul fondo della vasca anche dopo il lavaggio". Infine perché quei capelli, per forma e lunghezza, sarebbero "di Chiara Poggi" e sono stati "recisi a causa dei colpi inferti e rimasti sulle mani insanguinate dell assassino" come dimostrerebbe la memoria depositata dall'ex comandante del Ris, Gianpietro Lago, nel processo d'appello bis all'udienza del 6 ottobre 2014. Secondo l'allora tenente colonnello la vittima "è stata colpita al cranio con un oggetto contundente, dotato di un bordo tagliente che ha reciso numerosi capelli". Sarebbe questo il motivo dell'assenza di bulbo che li ha resi inutili per accertamenti genetici. "La loro presenza attesta semmai" che il killer si è "effettivamente lavato le mani".
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