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Il padre, i soldi, le impronte. La verità di Sempio: "Mi sento perseguitato"
Oggi 20-11-25, 16:52
«L'elenco di tutte le volte che abbiamo dato soldi agli avvocati - circa 50 mila euro - c'è ed è stato trovato durante l'ultima perquisizione. Le spese dell'avvocato e del consulente, lì c'è tutto. Tutti i soldi sono sotto il nome di Lovati (Massimo, l'ex difensore, ndr), ma è un modo generico per indicare tutti gli avvocati». Torna a parlare dopo settimane di silenzio Andrea Sempio, il 37enne accusato dell'omicidio di Chiara Poggi, massacrata nella villetta di Garlasco il 13 agosto 2007. Ospite di Bruno Vespa, prima a Cinque Minuti e poi a Porta a Porta su Rai1, alla domanda su chi ha ucciso Chiara, Sempio ha ribadito, rifacendosi alle sentenze: «A oggi Alberto Stasi». Poi ha affrontato l'inchiesta per corruzione in atti giudiziari, che vede co-indagati suo padre Giuseppe, in qualità di corruttore, e come corrotto Mario Venditti, l'ex procuratore aggiunto di Pavia che nel 2017 archiviò il fascicolo. Rispondendo alle domande di Vespa su quel fiume di denaro in contanti uscito dai conti della sua famiglia, circa 60 mila euro che i genitori sostengono di aver dato agli avvocati «per prendere le carte», Sempio non solo punta l'attenzione sull'elenco delle spese sequestrato nella perquisizione dello scorso 26 settembre, ma sottolinea come i giornalisti abbiano dato poco risalto alla notizia, soffermandosi piuttosto sul «pizzino», cioè l'appunto «Venditti Gip archivia per 20. 30. euro €», manoscritto da Giuseppe che all'epoca, secondo gli inquirenti, chiamava Venditti gip, come certificano alcune dichiarazioni televisive del 31 marzo 2017. «Quello non era né più, né meno che un appunto che si era preso mio padre», spiega l'indagato. «Io penso fosse semplicemente un appunto su quanto costava ritirare le carte dell'archiviazione», cioè proprio 20-30 euro. «Sui media non è passata che in casa mia hanno trovato un appunto in cui mio padre si era segnato tutte le spese serie, diciamo che erano espresse in migliaia di euro, quindi su ciò che è stato speso ai tempi mio padre si è segnato tutto», precisa. Quanto alle altre accuse di aver ricevuto domande in anticipo per l'interrogatorio, Sempio taglia corto: «Non c'è stato nessun passaggio di domande». Su quei temi, come il Dna, «avevo già anche risposto in alcune interviste ed erano sempre quelli gli argomenti». «Un po' mi sento perseguitato sì, non posso negarlo. Sì, è ormai una cosa che periodicamente ricapita, ci ricadi dentro e tutto, quindi sì, capisco che un certo accanimento c'è, spero in buona fede. Io al momento non ho una vita, sono tornato a nella cameretta in cui stavo una volta e a quasi 40 anni sono chiuso lì, non posso fare niente, non posso avere una vita, è come essere ai domiciliari». Il 37enne, inoltre, respinge le accuse di essere stato trattato con i guanti bianchi dagli inquirenti dell'epoca. «Quando sono stato sentito ho avuto l'impressione che loro comprendessero quello che stavo dicendo e non mi stessero inquisendo in modo particolare. Ma è la stessa impressione che ho avuto quando ho dato il mio dna o sono venuti a casa» per la recente perquisizione. Intanto, sul versante della corruzione in atti giudiziari, la Procura di Brescia farà ricorso in Cassazione avverso la decisione del Riesame di dissequestrare i dispositivi elettronici di Venditti. Infine i pm starebbero preparando un nuovo decreto, stavolta indicando le parole chiave, per evitare che i cellulari tornino nelle mani dell'ex magistrato.
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