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Il senatore del Pd Verini: "Errore bloccare l'Italia. Così una causa giusta è diventata impopolare"
Oggi 04-10-25, 07:52
«Per me le cose che dice Albanese sono estranee ai valori di una sinistra italiana ed europea, inorridita davanti ai massacri del criminale Netanyahu, agli eccidi di Gaza e a inaccettabili forme di antisemitismo. Oltre a offendere il sindaco di Reggio Emilia, questa donna mette, nei fatti, in discussione la soluzione delle due democrazie e dei due Stati per cui ci battiamo da anni. Non è possibile in alcun modo, "comprendere" Hamas, la sua volontà di distruggere gli ebrei in quanto tali. La nostra priorità si chiama pace e confronto tra popoli, senza alcuna forma di violenza». A dirlo Walter Verini, senatore del Partito Democratico. Qualcuno ha detto che il voto sulla Palestina ha diviso la politica e soprattutto il campo largo. È d'accordo? «Mi sarei aspettato su questioni così delicate una corale convergenza. Non è stato così. La responsabilità è innanzitutto della presidente del Consiglio che non ha favorito, in alcuna circostanza, il dialogo tra le forze. Ha offeso chi sciopera, chi si batte pacificamente, tanti giovani. Detto ciò, sarebbe stato bello se tutte le opposizioni avessero dato un messaggio di unità, votando insieme un testo comune. Io ho votato secondo le indicazioni del Pd, e assieme ad altri anche il documento di Italia Viva, come segnale in tal senso». Rispetto alla Flotilla, giusto rispondere all'appello del Capo di Stato e fermarsi? «Questa missione è stata uno straordinario messaggio sia dal punto di vista ideale che politico. Quando il Presidente della Repubblica, però, ne ha riconosciuto il valore, ha invitato le imbarcazioni a fermarsi e consegnare gli aiuti, tutti avrebbero dovuto ascoltarlo». Hanno fatto bene, dunque, i parlamentari dem a ritirarsi? «Dal punto di vista del diritto internazionale potevano andare avanti. Israele lo ha violato. Chi voleva fare solidarietà non doveva essere trattato alla stregua dei terroristi». Che idea si è fatto, invece, rispetto agli scioperi? «La stragrande maggioranza di persone a scendere in strada lo ha fatto in modo pacifico. Sono lavoratori, pensionati e tantissimi giovani, mossi da sacrosanti ideali. Altra cosa, invece, è dire blocchiamo tutto, creando disagi ai cittadini e ai lavoratori, rischiando che una causa giusta diventi impopolare. I treni devono funzionare. Le università non possono fermarsi. Bisogna, poi, prestare attenzione affinché dentro queste iniziative non si infiltrino personaggi che nulla hanno a che vedere col pacifismo e la pace. Mi riferisco a chi attacca la polizia e devasta luoghi pubblichi. Per fortuna, queste frange non hanno nulla a che vedere con la bella marea umana di famiglie, operai e ragazzi, animati solo dal buonsenso e dal non restare indifferenti». Bersani sostiene che sia migliore un'alleanza non tanto larga, ma vincente. Ha ragione l'ex segretario? «Sono per campi sempre più larghi. L'importante, però, è ritrovarsi davvero su visioni e programmi comuni. Non basta l'aritmetica per vincere. In questo momento è molto attuale la definizione ironica che diede Gentiloni di Ulivo (sogno) e Unione (incubo). Il primo era un progetto che nasceva dal basso e in cui veniva condiviso un progetto. La seconda era un'alleanza più ampia, con tante belle pagine di programma, ma in cui, nei fatti, si condivideva poco. L'unità vera, è quella fatta con autentica condivisione. Solo così torneremo a vincere. E anche a convincere».
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