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La bandiera della Palestina e il caos in Campidoglio
Oggi 20-09-25, 08:10
Assume un sapore un po' amaro la pur lodevole operazione che finalmente, dopo 43 anni, ha portato all'arresto di una delle menti dell'attentato alla Sinagoga di Roma. Quello stesso, tragico episodio ricordato dal presidente della Comunità Ebraica di Roma, Victor Faldun nell'esprimere il rammarico nel vedere la bandiera palestinese sventolare sul Campidoglio. E già perché Pd, M5S e Avs non hanno perso tempo a salire sulla balaustra di Palazzo Senatorio all'indomani dell'approvazione della mozione in Aula Giulio Cesare che ha dato il via libera a un gesto talmente demagogico che guarda caso sempre ieri persino la più "avanzata" Francia ha vietato «per mantenere la giusta sobrietà». E così mentre Parigi, che si appresta a riconoscere formalmente lo Stato di Palestina, frena sull'ostentazione, a Roma ci si tuffa dentro. Con imbarazzo, tuttavia. A mettere i puntini sulle "i", Faldun: «Vedere la bandiera palestinese sventolare sul Campidoglio è un colpo al cuore per gli ebrei di Roma. Una scelta di campo divisiva che non ci rappresenta né come cittadini, né come ebrei che hanno radici millenarie in questa città. È una decisione che contrasta con la memoria dell'attentato alla Sinagoga, in cui terroristi palestinesi uccisero un bimbo di 2 anni, Stefano Gaj Taché, un “nostro bambino” come lo definì il presidente Mattarella, e ferirono decine di ebrei. Ci stupisce e rattrista che la propaganda ProPal abbia fatto breccia nel Consiglio Comunale della nostra città. La bandiera palestinese sul Campidoglio è la stessa che viene sventolata nelle piazze ProPal, accompagnata dalle parole d'odio di chi vuole cancellare Israele e perpetuare l'orrore del 7 ottobre. Un simbolo che aggrava pericolosamente il clima di antisemitismo dilagante e alimenta l'incertezza in cui è costretta a vivere oggi la Comunità Ebraica di Roma». Un messaggio chiaro, sincero che deve aver colpito al punto tale che poco dopo i Capigruppo di maggioranza in Assemblea Capitolina, Valeria Baglio, Ferdinando Bonessio, Giovanni Caudo, Alessandro Luparelli, Sandro Petrolati e Giorgio Trabucco hanno sentito il dovere di specificare: «L'esposizione della bandiera palestinese non intende in alcun modo rappresentare un oltraggio alla Comunità Ebraica né tantomeno avallare i terroristi di Hamas, i cui crimini e atti orribili abbiamo sempre condannato con fermezza. La scelta vuole ribadire il principio che la pace può nascere soltanto dalla nascita di uno Stato palestinese accanto a quello d'Israele, secondo la logica dei due popoli e due Stati... Roma è e sarà sempre una casa sicura per gli ebrei, che qui affondano le loro radici millenarie ed sono parte costitutiva della nostra identità, e proprio per questo comprendiamo profondamente la sofferenza che la Comunità Ebraica sta vivendo dal 7 ottobre 2023, dolore che si intreccia con la memoria di tragedie che hanno già ferito questa città, come l'attentato alla Sinagoga del 1982 in cui fu ucciso Stefano Gaj Taché da terroristi palestinesi. Stefano resterà per sempre anche "il nostro bambino", perché la sua memoria è scolpita nella coscienza di Roma e del Paese». Eppure quella bandiera sventola nelle mani di Hamas. In nome di quella bandiera fu ucciso «il nostro bambino».
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