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La corsa al riarmo divide i partiti: Meloni vede Salvini e Tajani, Schlein spacca il Pd
05-03-2025, 07:31
È una legge quasi fisiologica: le deviazioni nell'agenda politica imposte da eventi epocali, possono creare delle reazioni diverse anche tra partiti alleati o potenzialmente tali. Il "dossier difesa" comunitaria, con il piano "Rearm Europe" annunciato ieri dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, in estrema sintesi ci riconduce a due dinamiche di diverso livello nei poli: mentre il centrodestra vede soltanto il distinguo della Lega, l'opposizione appare completamente in ordine sparso. Partiamo dalla maggioranza. Qui, chi appoggia la proposta von der Leyen è il ministro degli Esteri e Segretario di Forza Italia Antonio Tajani: «Finalmente si fanno concreti passi in avanti per costruire una indispensabile difesa europea. Era il grande sogno di De Gasperi e Berlusconi. Ora bisogna realizzarlo, senza indugi, nel modo migliore possibile», scrive su X. Anche il ministro della Difesa apre al piano Ue: «Gli Stati purtroppo non si difendono mettendo i fiori nei cannoni», osserva. E aggiunge: «La Difesa di un Paese è la sola, unica garanzia della libertà e della libertà di quel Paese. Un pre-requisito senza il quale non esiste uno Stato, una comunità nazionale o sovranazionale che dir si voglia». Da Strasburgo, anche il capo delegazione di FdI Carlo Fidanza spende parole positive. Il piano «ha il merito di passare finalmente dalla mera enunciazione di principio a strumenti concreti per rafforzare il quadro degli investimenti europei nella difesa». Chi invece, nel centrodestra, boccia il percorso illustrato dalla presidente della Commissione è la Lega. Matteo Salvini punge: «Per von der Leyen gli stati europei possono fare debito solo per armarsi». Poi nota: «Spero che sia sbagliato quello che ho letto», considerando che «non abbiamo potuto fare in questi anni per investire in sanità, in educazione e sostegno alle imprese e alle famiglie». Chi invece appoggia "Rearm" è Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati, che afferma: «Serve una Difesa comune in Europa, e non per riarmarsi, per schierare un esercito europeo, ma per avere un'Europa più forte». L'auspicio, comunque, è quello di trovare anche nella diversità una convergenza. Non a caso nella serata di ieri si è tenuto un vertice a Palazzo Chigi tra la presidente del Consiglio e i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini proprio sull'argomento armamenti. Nell'incontro la premier avrebbe fatto appello alla prudenza in una fase delicata. Diverso, invece, è lo scenario a sinistra. Qui, sulla questione difesa abbiamo un arcipelago di posizioni. Nel Pd, la segretaria Elly Schlein boccia quanto presentato a Bruxelles: «Quella presentata oggi da von der Leyen non è la strada che serve all'Europa. Alla Ue serve la difesa comune, non il riarmo nazionale. Sono due cose molto diverse». Posizione su cui il Pd si spacca, con l'ala riformista che non condivide e appoggia l'idea di investire negli armamenti. Roberto Guerini, già ministro della difesa, concorda sull'obiettivo di fondo, meno sugli strumenti: «La proposta von der Leyen definisce giustamente l'obiettivo in termini di risorse, ma così come è stata prospettata necessita di essere modificata: è sbagliato l'utilizzo dei fondi di coesione e c'è poco coraggio a sostenere un vero salto in senso europeo delle spese per la difesa». Se si allarga lo sguardo nell'intero campo di centrosinistra, si incappa nella contrarietà di Giuseppe Conte, che accusa la presidente della Commissione di una «una furia bellicista che noi contrasteremo in ogni modo. Il blu dell'Europa si tinge di verde militare». Così come di Avs («il piano è follia pura», dice Angelo Bonelli). Sposa invece la presa di posizione di von der Leyen il leader di Azione Carlo Calenda: «Se vuoi la pace devi preparare la guerra. E quello che sta facendo la von der Leyen va nella direzione giusta. Dobbiamo avere un forte esercito europeo per scoraggiare aggressioni russe». Mentre Italia Viva apprezza a metà. Per Enrico Borghi, «gli 800 miliardi per la sicurezza europea sono un importante passo», ma devono rientrare in una visione più ampia, quella di «una nuova architettura europea di pace e sicurezza».
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