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La Flotilla è una passerella ideologica e pericolosa
Oggi 30-09-25, 10:24
Ogni tanto riemerge, puntuale come un rito stanco, la vicenda delle cosiddette «flottiglie per Gaza». Una manciata di barche che salpano con clamore mediatico, presentandosi come missioni di aiuto umanitario, ma che in realtà non portano sollievo a nessuno. La verità è semplice: quelle navi non servono a curare ferite, a nutrire bambini o a proteggere civili. Servono solo a garantire qualche titolo di giornale, qualche passerella ideologica e una dose di visibilità a chi le organizza. Dietro la facciata umanitaria, si nasconde la propaganda. Ogni vela spiegata verso Gaza non è un gesto di solidarietà, ma una bandiera issata contro il buonsenso e la responsabilità internazionale. Chi partecipa a queste operazioni sa bene che Israele non permetterà mai la violazione del blocco navale, e che quelle imbarcazioni non raggiungeranno il loro obiettivo. Lo scopo non è arrivare a destinazione, bensì costruire una narrazione. A rimetterci, però, sono i civili innocenti che continuano a morire da entrambe le parti. Si tratta di un gesto incosciente e rischioso, che non apre spiragli diplomatici ma aggiunge benzina sul fuoco di una tensione già altissima. È l'ennesima dimostrazione di un attivismo sterile, che non porta né pace né giustizia, ma solo il pericolo di escalation militari. La politica estera non si improvvisa, non è un palcoscenico per applausi facili: è pazienza, conoscenza dei dossier e responsabilità verso alleati e partner. Colpisce che questi episodi trovino risonanza soprattutto in Italia, dove una parte della stampa continua a dare spazio a iniziative che altrove vengono ignorate. Intanto il nostro governo lavora lontano dai riflettori, con discrezione e serietà, costruendo contatti, dialoghi e mediazioni reali. È questo il ruolo che compete a un Paese serio: farsi ponte credibile tra le parti, non prestare il fianco a operazioni in cerca di ribalta. Gli italiani non possono essere ridotti a spettatori di una rappresentazione che usa il dolore altrui come scenografia. Il nostro popolo non si riconosce in chi cavalca simboli vuoti, ma in chi lavora con coscienza e realismo politico. Siamo eredi di una tradizione diplomatica che ha saputo aprire tavoli di pace e offrire contributi seri alle crisi internazionali: svilirla con iniziative propagandistiche è un insulto alla nostra credibilità. La verità è che la flottiglia non è altro che un'operazione di pubblicità a basso costo. Una messinscena che mette a rischio vite umane e insulta l'intelligenza degli italiani. Se davvero si vuole aiutare la popolazione civile, bisogna sostenere i canali diplomatici e umanitari ufficiali, non organizzare crociate improvvisate. Perché la pace non si costruisce con le barchette della propaganda, ma con la pazienza della diplomazia e il coraggio della verità.
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