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La lettera dei riformisti dem scatena il terremoto nel Pd: “Solo 2 sì al referendum”
Oggi 13-05-25, 09:12
La lettera di sei esponenti dem sul referendum dell'8 e 9 giugno scatena altro caos all'interno del Partito democratico. In un testo inviato a Repubblica, il presidente del Copasir Lorenzo Guerini, la vicepresidente dell'Europarlamento Pina Picierno, l'europarlamentare Giorgio Gori, le deputate dem Marianna Madia e Lia Quartapelle, e il senatore Filippo Sensi annunciano che voteranno a favore solo dei quesiti sulla cittadinanza e sugli appalti, astenendosi sugli altri quesiti che riguardano il Jobs Act, "misura introdotta 10 anni fa dal Partito Democratico che – sottolineano – oggi è lo stesso Pd, rispondendo alla sollecitazione della Cgil, [che] sconfessa invitando a votare 'sì' ai quesiti" e che "rimane l'ultimo provvedimento organico sul lavoro approvato in Italia per armonizzare la nostra disciplina a quella degli altri Paesi Ue, ispirato alle migliori esperienze giuslavoriste delle socialdemocrazie europee". "Per restituire dignità al lavoro servirebbero invece le politiche attive previste dal Jobs Act e non realizzate – sostengono –. Un grande investimento in formazione e aggiornamento dei profili professionali, un nuovo patto che tenga insieme innovazione, produttività, salari e una maggiore partecipazione dei lavoratori alla vita delle imprese”. "Servirebbe, come chiede il Pd, la legge sul salario minimo negata dalla destra, tutela della fascia più bassa delle retribuzioni – aggiungono ancora –. Ciò che non serve invece è agitare un simulacro o fuori tempo, con un dibattito che distrarrà l'attenzione dai veri problemi, oltre a creare divisioni in campo progressista sindacale (Cisl contraria, Uil per la libertà di voto). Per tutte queste ragioni l'8 e il 9 giugno andremo a votare non solo perché è un diritto-dovere costituzionale ma perché la partecipazione è il cuore della democrazia. Voteremo 'sì' al referendum sulla cittadinanza, che risponde alle attese di milioni di persone, discriminate nei loro diritti, e al quesito sulle imprese appaltanti, in un Paese con un'intollerabile strage quotidiana di morti sul lavoro". "Ma non voteremo gli altri tre quesiti perché la condizione del lavoro in Italia passa dal futuro, non da una sterile resa dei conti col passato", sottolineano i riformisti. Che sfidano apertamente la linea imposta da Elly Schlein al partito.
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Il Tempo
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