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"La lingua della Chiesa è il latino", Papa Leone rimanda a scuola i cardinali
Oggi 25-11-25, 15:18
Il latino è la lingua ufficiale della Chiesa e chi non la conoscesse, anche tra i cardinali (com'è palesemente emerso nell'ultimo Conclave del maggio scorso), è bene che da oggi in poi riprenda in mano i sussidiari delle medie o delle superiori perché Leone XIV lo ha sancito nel nuovo «Regolamento Generale della Curia Romana» emanato ieri. Non è certamente una novità che il Latino sia l'idioma ecclesiastico con cui addirittura fino a qualche decennio fa i presuli di diversa provenienza mondiale colloquiavano tra loro, ma c'è stato chi, in tempi recenti, avrebbe voluto che questa antica lingua venisse sostituita universalmente dall'italiano. Alla morte di Papa Francesco, avvenuta lo scorso 21 aprile, tutti i porporati del globo confluirono a Roma e diversi eminentissimi non sapevano come discutere e scambiarsi idee tra loro in vista dell'elezione del nuovo pontefice. In gran parte non conoscono l'italiano (ed in effetti perché dovrebbero), ma la cosa più bizzarra balzata agli occhi di molti è che un gran numero di cardinali non sapessero nemmeno il latino. A mettere un punto fermo alla babele linguistica è stato dunque il nuovo pontefice che, a quasi sette mesi dall'elezione al Soglio di Pietro, ha ritenuto indispensabile mettere le cose in chiaro una volta per tutte. Il nuovo Regolamento della Curia Romana è un documento articolato in due parti: il primo, rivolto alle alte sfere della gerarchia ecclesiastica che compongono il governo centrale della Chiesa consta di 52 articoli; il secondo, indirizzato ai dipendenti di seconda fascia, presuli e laici, di ben 92 articoli che trattano di vari aspetti relativi al lavoro presso la Santa Sede, dalla mobilità alla pensione, dagli scatti di carriera alla remunerazione ordinaria e straordinaria, dalle cause di licenziamento ai permessi e alle aspettative. Ma questo, come detto, riguarda il personale pressoché laico in servizio in Vaticano, dall'uscere al dipendente dell'ufficio postale, per intenderci. Il succo vero di questa nuova regolamentazione è invece tutto nella prima parte, che riguarda cardinali, arcivescovi ed alti prelati che operano nei dicasteri (i ministeri n.d.r.) della Sede Apostolica. E proprio in questa prima parte, al Titolo XIII denominato «Lingue in uso» all'articolo 50 Leone XIV sancisce che «le istituzioni curiali redigeranno di regola i loro atti in lingua latina». Per chi disgraziatamente non la conoscesse così a fondo (e purtroppo sono in molti anche nelle alte sfere vaticane) al paragrafo successivo il Papa istituisce «presso la Segreteria di Stato un ufficio per la lingua latina, a servizio della Curia Romana», insomma, una sorta di scuola di recupero pronta a dare ripetizioni a chi si fosse dimenticato la lingua che da secoli è quella ufficiale della Chiesa. Il consistente testo pubblicato ieri serve a regolamentare nei punti meramente operativi e gestionali la Costituzione Apostolica «Praedicate Evangelium» emanata da Papa Francesco il 19 marzo 2022 che aveva rivoluzionato totalmente la Curia Romana, cioè il governo centrale della Chiesa, ma aveva omesso di codificare le normative interne ai singoli dicasteri e dare un assetto burocratico di efficienza per chi nei medesimi uffici lavora quotidianamente. Ancora una volta, come nel caso del Motu Proprio sul Governatorato dello Stato della Città del Vaticano pubblicato appena tre giorni fa, Prevost corregge, o come si direbbe a Roma, «mette una pezza» a quanto emanato da Bergoglio con fretta e, forse, una certa superficialità.
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