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La piccola Avignone di Viterbo: Viganò e i complottisti allo sbaraglio
Oggi 25-04-25, 07:41
Nel bel mezzo del lutto per la scomparsa di Papa Bergoglio, è tornato a parlare il vescovo Carlo Maria Viganò, classe 1941, ex Nunzio Apostolico negli Usa poi scomunicato nel luglio 2024, probabilmente il più tenace e mordace avversario del papato di Francesco. E lo ha fatto, naturalmente, nel suo stile e senza mezze misure, in una lunga auto-intervista disseminata di tesi audaci, dietrologie di vario genere e accuse pesanti "anzichenò": un bignami del Viganò-pensiero che, visti i trascorsi, però, rischia di sorprendere poco. Il "vescovo ribelle", accusato spesso di complottismo spinto e oggi ritiratosi nell'eremo di Sant'Antonio alla Palanzana, – dove ha fondato il Collegium Traditionis, sorta di personalissimo Aventino, o, per restare in tema, di piccola Avignone in cui accogliere i «fedeli perseguitati» dal potere bergogliano –, ieri ha dunque tentato di sferrare l'attacco finale contro il suo eterno nemico, la cui scomparsa, a quanto pare, non sembrerebbe essere stata sufficiente a placare la sua vis polemica. La tesi di fondo che muove l'intervento pubblicato ieri è la stessa di sempre, così riassumibile: l'intero papato di Bergoglio, intriso di modernismo e progressismo, sarebbe stato né più né meno lo strumento attraverso il quale una fazione del potere ecclesiastico (e non solo ecclesiastico) avrebbe cercato di distruggere, con dolo, la Chiesa tradizionale. Una tesi a sostegno della quale Viganò presenta tutta una serie di argomentazioni che spaziano dai mesfistofelici piani intrecciati dalle lobby finanziarie internazionali tesi alla costituzione di Nuovo Ordine Globale senza fede né spiritualità, fino alla presunta illegittima elezione “dell'anti-Papa” Francesco, passando per la corruzione morale/ideologica delle élite cattoliche, divenute ricettacolo di spinte anticristiane di ogni genere, ivi comprese quelle LGBTQ. Un colpo di stato carsico e quasi "di velluto", insomma, che nessuno riesce a vedere e che, però, secondo Viganò, non riguarderebbe solo la Chiesa, ma l'intero Occidente: «Negli ultimi decenni», scrive infatti, «una lobby eversiva si è impossessata delle leve del potere nei governi e nelle istituzioni, al fine di portare a compimento il piano anticristiano e massonico della Rivoluzione e della Agenda 2030». Secondo l'ex diplomatico, a tale cospirazione (che tenderebbe tra le altre cose «alla distruzione della famiglia, alla mercificazione della vita umana» e persino «alla privatizzazione di tutti quei servizi che erano garantiti dallo Stato»), Papa Ratzinger si era opposto con tutte le forze, ma «le manovre della Mafia di San Gallo, di concerto con il deep state americano, spinse Benedetto XVI a dimettersi», dando il là «all'usurpazione di Bergoglio». Ecco perché, prosegue, «il giudizio di qualsiasi Cattolico su questo “papato” – che Papato propriamente non è – non può che essere dunque pessimo». Talmente pessimo che, Bergoglio, avendo «ottenuto l'elezione con il dolo», sarebbe da considerare addirittura un non-Papa, «un usurpatore», consapevole «di voler manomettere il Papato trasformandolo in qualcos'altro, in un'organizzazione ecumenica e sincretista di matrice massonica a sostegno al Nuovo Ordine Mondiale», tra «empanadas dei trans di Torvaianica, comunione per i divorziati e benedizione delle coppie omosessuali». Il futuro della Chiesa, date queste apocalittiche premesse, per Viganò non può che essere «disastroso»: «dei 136 Cardinali elettori» conclude «108 sono stati "creati" da lui; il che significa che qualsiasi Papa eletto nel prossimo Conclave la sua autorità sarà pregiudicata dall'essere stato eletto da falsi cardinali, creati da un falso papa». E così, se abbiamo capito bene, anche il prossimo pontefice rischierà di essere un non-papa e di ritrovarsi, di conseguenza, Monsignor Viganò come instancabile avversario.
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