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“Come finirà sul caso Almasri”. Cassese non ha dubbi: accuse al governo non basate su elementi sicuri
02-02-2025, 08:00
Atteggiamento contraddittorio del Governo Meloni sul caso Almasri, il capo della polizia giudiziaria libica? C'erano i presupposti affinché il Presidente del Consiglio, i ministri Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano ricevessero un avviso di garanzia dal procuratore della Repubblica Francesco Lo Voi? Ne abbiamo parlato con Sabino Cassese, giurista di rango e già giudice della Corte costituzionale che interviene per chiarire i confini di questa vicenda, degenerata in un aspro conflitto tra politica e magistratura. Il caso Almasri continua a dividere maggioranza e opposizione, secondo lei come si conclude la vicenda? «Il Tribunale dei ministri archivierà. Altrimenti, interverrà il Parlamento negando l'autorizzazione in base all'articolo 68 della Costituzione. Si può sperare che nel frattempo il governo indichi in termini generali quali ragioni di Stato l'hanno condotto a non dare esecuzione al mandato di arresto. E che nei normali contatti diplomatici con la Libia accerti se proseguono i crimini evidenziati dall'istruttoria della Corte penale internazionale». La diatriba è anche tra chi lo ritiene un «atto dovuto» piuttosto che «voluto». Lei cosa ne pensa? Ci sono stati degli step che il Governo avrebbe dovuto fare e non ha fatto? «Anche se vi sono atti obbligatori, chi li adotta deve compiere una delibazione, cioè un esame sommario, che avrebbe potuto evidenziare la necessità di archiviare». Lei ha sostenuto che le accuse mosse al Governo, peculato e favoreggiamento, sono costruite su ben pochi elementi sicuri. «Più che elementi poco sicuri mi pare che non ci fossero elementi ufficiali in possesso delle autorità italiane per giungere a questa conclusione». Li Gotti sostiene di aver fatto quell'esposto da «comune cittadino tradito». Una versione attendibile? «Mi chiede un'indagine psicologica che non sono in grado di fare. Bisognerebbe chiederlo al denunciante». Secondo lei sarebbe stato più semplice se il Governo avesse messo il segreto di Stato fin dal principio? «Il governo avrebbe dovuto fin dall'inizio dichiarare che vi erano ragioni di Stato, cioè di interesse collettivo per disporre l'allontanamento e il rientro nel suo paese di origine». È emerso che Giorgia Meloni, prima di annunciarlo sui social e di renderlo quindi pubblico, è andata da Sergio Mattarella. Che segnale traiamo da quel colloquio? «Un atto nello stesso tempo di correttezza costituzionale e di manifestazione di collaborazione tra gli organi di vertice dello Stato». Non di poco conto il fatto che la CPI abbia in un secondo momento corretto elementi del mandato di arresto nei confronti di Almasri. «La vicenda è la seguente. Il 18 gennaio la Corte penale internazionale ha emesso il mandato di arresto con la richiesta a 6 Paesi di provvedere, richiesta preceduta da consultazioni e dall'indicazione sulla localizzazione. Il 19 gennaio l'accusato è stato arrestato a Torino e il 21 gennaio è stato liberato e riportato in Libia. Il 24 gennaio è stata emanata una versione corretta nel mandato, con correzioni tipografiche e di segreteria, ed è stata aggiunta l'opinione dissenziente della giudice Flores Liera. La sentenza è lunga 42 pagine e riguarda crimini gravissimi compiuti tra il 2015 e il 2024 e il dissenso di uno dei tre giudici riguarda il difetto di giurisdizione in quanto la Libia non è parte dello statuto della Corte penale internazionale ed ha avuto un mandato a esercitare la sua giurisdizione dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, ma, secondo la giudice dissenziente, esso non si applica ai casi contestati all'accusato».
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