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Lucano è decaduto ma il marito della sua vice si aggiudica il maxi-appalto
30-03-2025, 07:50
A Riace, un piccolo comune calabrese diventato famoso per il modello di accoglienza by Domenico Lucano, si sta sviluppando una vicenda che mette in evidenza le degenerazioni della politica. Infatti, nonostante il sindaco, proprio l'europarlamentare di Avs, Lucano, sia formalmente decaduto, continua a esercitare il suo potere, la sua giunta sembra reggersi, tra l'altro, su un sistema di incarichi e appalti pubblici dal sapore di una «parentopoli». Uno scenario che rappresenta un chiaro esempio di un potere che si rifiuta di cedere, ignorando le condanne della magistratura e le evidenti violazioni di legge. Ma andiamo con ordine. Lo scorso 26 marzo, quando ormai la sua decadenza era un fatto acclarato, Lucano ha nominato vicesindaco Maria Spanò, assessora ai Lavori Pubblici. Una mossa che di per sé rappresenterebbe un abuso, considerato che un sindaco decaduto non avrebbe più alcun potere di nomina. Ma ciò che stupisce ancora di più è che appena due giorni dopo questa nomina, quindi il 28 marzo, il Comune ha affidato (Determina R.G. n. 88 e R.G. 58) alla ditta proprio del marito della Spanò, Giovanni Nisticò, un appalto da 114.058,26 euro per la riconversione di una mensa scolastica. Nisticò non è un imprenditore qualunque: è stato condannato, tra gli altri, insieme allo stesso Lucano, dalla Corte dei Conti per danno erariale per oltre 4 milioni, e in passato ha ricoperto proprio la carica di assessore ai Lavori pubblici. Ora, con sua moglie vicesindaco e titolare della stessa delega che fu sua, il conflitto d'interesse sembra esserci tutto. Eppure, tutto sembra procedere come se nulla fosse. La trama si infittisce ulteriormente se si guarda ad altri appalti assegnati dal Comune, sempre guidato da Lucano, negli ultimi mesi. Due affidamenti diretti da 50mila euro ciascuno - per lavori di manutenzione straordinaria e per il servizio idrico sono finiti all'impresa Leuzzi Luca, cognato della presidente del Consiglio comunale Michela Franco, essendo il marito della sorella della stessa. La stessa Franco che, non a caso, sta temporeggiando sul dibattito in consiglio comunale riguardante la decadenza di Lucano, rinviando continuamente la discussione con la scusa di «approfondimenti giuridici». A completare questo quadro desolante c'è la situazione dell'ufficio tecnico comunale, che dovrebbe garantire la regolarità delle procedure. Ebbene, la sorella del responsabile dell'ufficio tecnico è sposata con il fratello di Nisticò. Una coincidenza che, unita a tutte le altre, disegna il ritratto di un sistema chiuso, dove gli appalti e le nomine sembrano seguire logiche di clan piuttosto che criteri di trasparenza e merito. Insomma, una sorta di «parentopoli» con a capo il primo cittadino, Lucano, esponente del partito di Fratoianni & Bonelli. È opportuno ricordare che Lucano, avrebbe dovuto lasciare la carica di sindaco lo scorso 13 marzo, quando la Prefettura di Reggio Calabria ha recepito la sentenza della Cassazione che lo condanna a un anno e sei mesi per falso. Una pena sospesa, ma sufficiente a determinare l'automatica decadenza ai sensi della legge Severino. Il paradosso è che tutto questo avviene in un paese di meno di duemila abitanti, dove la disoccupazione raggiunge livelli drammatici e le opportunità lavorative sono rare. I soldi pubblici, quindi, invece di essere utilizzati per creare sviluppo e occupazione, sembrerebbero alimentare questo sistema di potere, mentre la popolazione resta ai margini. Lucano, dal canto suo, continua a presentarsi come una vittima, un innovatore perseguitato per le sue idee progressiste. Ma i fatti sembrano raccontare una storia diversa. La sua resistenza a lasciare la poltrona, nonostante la decadenza, non è certo un atto di eroismo ma l'ultimo colpo di coda di un sistema che sta cercando disperatamente di sopravvivere. E la sinistra, in tutto questo dov'è? E Fratoianni & Bonelli che hanno santificato e portato a Bruxelles proprio Lucano? Ma questa è un'altra lunga storia.
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