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L'ultima delle toghe rosse: "Magistrati diteci cosa votate al referendum"
Oggi 17-09-25, 07:38
«Lette le stimolanti riflessioni e preso atto del fatto che anche loro "sono pronti a salire a cavallo", avrei una domanda da porre ai colleghi 101: cosa voteranno al referendum? Io credo di saperlo, ma magari mi sbaglio e sarei interessato a sentirlo dalla loro voce». È con questo messaggio, arrivato ieri mattina nella mailing list dell'Anm, che il giudice di Magistratura democratica, Marco Patarnello, accende la miccia tra magistrati. E come successe nell'ottobre scorso, quando la stessa toga rossa definì Meloni più pericolosa di Berlusconi, anche stavolta sono volati gli stracci sulla riforma della giustizia. Perché quella "curiosità" di Patarnello nel voler carpire le intenzioni di voto dei colleghi, è suonata come una sorta di schedatura tra i buoni, ovvero le correnti di sinistra che hanno dichiarato guerra al governo contro la separazione delle carriere, e i cattivi, quella maggioranza silenziosa che non solo non intende minare l'indipendenza degli altri due poteri dello Stato, ma che è d'accordo alla riforma. Ad accendere la "miccia Patarnello" una mail dei rappresentanti di ArticoloCentoUno nel Comitato direttivo dell'Anm, Natalia Ceccarelli e Andrea Reale, gli stessi che avevano portato alla luce il bilancio "in rosso" del sindacato delle toghe. Ceccarelli e Reale hanno pubblicato il report della seduta del Cdc del 13 e 14 settembre e preso posizione contro il nuovo Comitato a difesa della Costituzione, caratterizzato politicamente dalle correnti di sinistra contro l'azione del governo. «Si è discusso, a porte chiuse (con il nostro voto contrario sulla modalità prescelta), dell'impegno di spesa da destinare al neocostituito Comitato a difesa della Costituzione», scrive Articolo101, «che svolgerà campagna per il NO al referendum di ratifica della legge costituzionale di riforma della Magistratura. È nota la nostra già dichiarata scelta di non aderire alla modalità di partecipazione al confronto referendario mediante Comitato, che inevitabilmente trasformerà l'Associazione in un collettore di opinioni politiche sul concreto esercizio del potere legislativo, svilendo la credibilità della categoria quale interlocutore qualificato del Riformatore». Senza contare che per finanziare questo pseudo partito, che ha già incassato l'endorsement della segretaria del Pd Schlein e del capo della Cgil Maurizio Landini, è stato previsto un investimento di mezzo milione di euro, che costringerà l'Anm a smobilizzare alcuni investimenti. «Inutile dire che la seduta si è svolta all'insegna dell'entusiasmo delle correnti, che hanno salutato», sottolineano, «la nascita del Comitato a difesa della Costituzione con l'atteggiamento di chi ha finalmente lo strumento e i mezzi per scendere nell'agone referendario. "Se vuoi giocare a polo devi salire a cavallo", qualcuno ha esclamato con malcelato compiacimento... e chi non accetta queste regole del gioco è fuori dal confronto». Un sarcasmo che non è piaciuto a Patarnello, che a quel punto ha chiesto le intenzioni di voto, incassando immediatamente la risposta di Reale: «Il nostro voto al referendum è la vostra ossessione... Anche ieri, dal segretario generale ai colleghi di Area, la curiosità era massima, direi quasi morbosa. Conoscete la nostra posizione associativa su tutti i punti della riforma. Non la smentiremo. Lasciateci, almeno, la libertà di voto e, soprattutto, la segretezza. Ce lo garantisce la Costituzione. A differenza delle corazzate correntizie, noi non diamo alcuna indicazione, né mandiamo i "pizzini" con i nomi o con il tipo di voti (SI/NO) ai nostri elettori. Affidatevi alla loro coscienza e alla loro intelligenza di magistrati». E la Ceccarelli: «Evidentemente per Patarnello la segretezza del voto (art. 48) è un valore costituzionale rinunciabile. Cominciamo bene». La collega di Md Rachele Monfredi cerca di dare manforte a Patarnello, ma a mettere la pietra tombale sulle richieste di voto interviene il giudice Giovanni Favi, il quale ricordando che «le riforme costituzionali le scrivono i correntizzati mandati al Ministero con stipendi maggiorati» e che «dalle sedie ministeriali non risulta che si stiano allontanando in massa per protesta contro la riforma», puntualizza che «il fatto di sollecitare una dichiarazione di voto... pone qualche problema di compatibilità con il dettato costituzionale che vuole il VOTO LIBERO E SEGRETO».
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Il Tempo
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