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Meloni al congresso di Calenda: sì al confronto. E smonta i teoremi Pd-M5s
29-03-2025, 21:43
Aperta al confronto e a portare «moderazione» dopo l'acceso intervento del leader di Azione, Carlo Calenda che con i pentastellati o il Carroccio non intende proprio averci a che fare. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, per la prima volta a un congresso nazionale di una forza politica d'opposizione, riesce anche a strappare momenti di ilarità rivolgendosi alla platea accalcata nella sala eventi del Rome Life Hotel per il secondo Congresso nazionale del partito di Calenda. «Sono qui perché vengo da una storia e da una cultura politica che si fonda sul confronto» e perché «il confronto non ha mai annientato l'identità». «Questi sono momenti fondamentali per i partiti politici e per la salute della democrazia», ha immediatamente chiarito sottolineando che proprio dai confronti, portanti avanti anche nell'ambito di congressi di partito con un diverso Dna, «possono emergere soluzioni nuove e migliori: si possono trovare priorità condivise». Meloni si affretta anche a spazzar via dal campo le «bizzarre teorie» avanzate da varie testate per giustificare il fatto di aver accettato l'invito di Calenda: «Abbiamo fatto un po' discutere, con questa presenza ma forse bisognerebbe interrogarci sul perché un normale confronto faccia discutere». E poi, «ho letto cose bizzarre, come la teoria secondo cui volevo concedermi una scorribanda tra i moderati: ma io - scherza - dopo l'intervento di Calenda porto moderazione». L'Italia, constata con ironia la premier, «è quel Paese curioso dove si passa dalla criminalizzazione dell'avversario al farne un partner di governo», ma questa «non è la mia cifra politica» chiarisce ricordando di provenire «da una storia politica di una comunità che ha fatto il confronto con le idee anche più distanti la propria dimensione». La leader del governo non esita quindi a spiegarsi anche sull'intervista, tanto discussa dalle opposizioni, rilasciata al Financial Times. E lo fa, anche in questo caso, liberando subito il campo da letture «fantasiose». Io stare con Trump e contro l'Europa? «Ma non è quello che ho detto - esclama - ho detto che io sto sempre con l'Italia, che l'Italia sta in Europa e che l'Europa deve anche lavorare per l'unità dell'Occidente, che è un bene prezioso che non può esser archiviato con leggerezza». E dopo aver ringraziato la numero uno dell'Esecutivo Ue, Ursula von der Leyen, per l'assist che le ha offerto oggi, in un'intervista al Corriere della Sera, «penso che sia nella mia responsabilità fare quello che posso per difendere o ricostruire, se necessario, questa unità» tra le due sponde dell'Atlantico, ha insistito Meloni. «Certo - ammette - ci sono temi forti e divisivi, divergenze a partire dai dazi, ma non si deve agire per impulso ma cercare piuttosto punti di equilibrio». E così Meloni risponde anche alle critiche del Pd di Elly Schlein: «Ho sentito leader invocare la rottura con Trump, che non dobbiamo militarizzarci, ma non ho capito allora quale sia la proposta» alternativa dice Meloni bacchettando «chi vive di dogmi ideologici». Al leader di Azione, Calenda, rieletto oggi segretario del partito con l'85% dei voti, la premier - pur nelle diversità programmatiche - indirizza invece parole di stima: «Azione, dice, è una forza politica che si confronta sulle cose, che non ha paura di condividere le sue soluzioni» a prescindere dai numeri e dal consenso. Meloni fa capire che su un approccio politico, pragmatico e orientato al bene della collettività, effettivamente c'è sintonia. E infatti, visto che quello di Azione è stato presentato come un congresso della coerenza, Meloni scende subito nel merito per evidenziare i terreni di convergenza: per ora, il sostegno all'Ucraina e la netta distanza dal Movimento 5 stelle. «Le spese in difesa e sicurezza sono il prezzo della libertà: se chiedi a qualcuno di garantire la tua difesa devi sapere che quel qualcuno non lo farà gratis», puntualizza la premier. Forse, si chiede ancora Meloni c'è chi vuole che «l'Europa diventi una grande comunità di hippie, demilitarizzata, spera nella buona fede delle altre potenze straniere?». Parole che piacciono a Calenda che non esita in Congresso a riconoscerle il coraggio nella presa di posizione, «perché difendere l'Ucraina e mandare aiuti all'Ucraina stando al governo non è una cosa nè popolare nè facile», ammette Calenda.Il punto dirimente, per i futuri assetti politici interni, tuttavia resta sul tavolo: «il Presidente Meloni ha fatto il suo intervento sulla sua prospettiva, sulla sua idea dei rapporti con gli Stati Uniti, ha parlato del suo programma di governo, ha fatto il suo intervento» constata Calenda ma «il vero punto dirimente non è la Meloni e la politica italiana, è se saremo noi con la Germania, con la Francia, con la Polonia, con l'Inghilterra, con la Spagna a costruire la difesa o no Se ci prenderemo questa responsabilità o meno». Un punto che per ora, nel quadro di un assetto bipolare di coalizioni, resta senza risposta.
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