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Meloni e la sfida delle toghe: "Atto voluto, i giudici vogliono governare"
Ieri 30-01-25, 22:12
La miglior difesa è l'attacco. E per difendersi dalle accuse piovute su di lei per la vicenda Almasri, Giorgia Meloni apre la campagna contro le toghe «politicizzate» lanciando il suo guanto di sfida a quei magistrati, «per fortuna pochi», che «cercano di colpire chi non è politicamente schierato con loro», invitandoli a candidarsi alle elezioni se la loro intenzione è quella di governare. Sullo sfondo, il nodo della ministra Daniela Santanchè che si dice «tranquilla» dopo la decisione della Cassazione di confermare a Milano la sede della seconda inchiesta Visibilia, ma che nei fatti è sempre più in bilico. Collegata in video con l'evento 'La Ripartenza', condotto a Milano dal giornalista Nicola Porro, dopo un breve preambolo la presidente del Consiglio torna a parlare dell'indagine per favoreggiamento e peculato che la vede coinvolta insieme ai ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e al sottosegretario Alfredo Mantovano per il caso della scarcerazione del criminale libico Nijeem Osama Almasri. Prima rivendica i risultati del suo governo su export, calo dello spread e «andamento record» della borsa italiana, frutto di una ritrovata «credibilità» del Paese («dal ghiaccio dei fiordi fino alla sabbia del deserto, il mondo è tornato a puntare sull'Italia»); poi coglie la palla al balzo per sferrare un duro attacco nei confronti delle toghe che «remano contro» e che disfano la tela del suo operato come faceva Penelope, la mitologica moglie di Ulisse. Il 'bersaglio' della premier è il procuratore capo di Roma Francesco Lo Voi, ovvero colui che ha vergato l'avviso di garanzia recapitato a Palazzo Chigi due giorni fa: un atto «chiaramente voluto», rimarca Meloni nel suo lungo sfogo perché «tutti sanno che le Procure hanno la loro discrezionalità». Per la presidente del Consiglio, quella notifica rappresenta «un danno alla Nazione» per il quale non si dà pace: «Mi manda ai matti... A chiunque nei miei panni cadrebbero un pò le braccia». «Ieri - racconta - mi ritrovo sulla prima pagina del Financial Times con la notizia che sono stata indagata: se in Italia capiscono cosa sta accadendo, all'estero non è la stessa cosa». Meloni punta il dito contro quelle toghe «che vogliono decidere la politica industriale, ambientale, le politiche dell'immigrazione, vogliono decidere come si possa riformare la giustizia... In pratica vogliono governare loro. Ma - sottolinea - c'è un problema: se io sbaglio, gli italiani mi mandano a casa; se loro sbagliano, nessuno può fare o dire niente. Nessun potere al mondo in uno Stato democratico funziona così, i contrappesi servono a questo». Da qui, l'invito che suona come una sfida: «Quando un potere dello Stato pensa di poter fare a meno degli altri, il sistema crolla. Se alcuni giudici vogliono governare, si candidino alle elezioni e governino». La premier sostiene di non essere «preoccupata né demoralizzata» dall'indagine, perché «quando ho assunto la guida del governo di questa Nazione sapevo esattamente a cosa sarei andata incontro...». E conclude il suo intervento facendo appello agli elettori: «Finché ci siete voi ci sono anche io, non intendo mollare di un centimetro almeno fino a quando saprò che la maggioranza degli italiani è con me». La sua, assicura, è «una battaglia che va oltre destra e sinistra: è la battaglia per un'Italia normale».
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