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Non è una festa ma una volontà di conquista
Oggi 08-07-25, 11:37
Milano, 7 luglio 2025. Piazza Duca d'Aosta, davanti alla Stazione Centrale, è invasa da circa 1.300 fedeli sciiti che celebrano l'Ashura, commemorando il martirio dell'Imam Hussein. Non è solo un rito religioso: è una manifestazione che parla di forza, di supremazia, di un Islam che non cerca integrazione, ma egemonia. L'ostentazione di potenza fisica è lampante. Gli uomini, in corteo verso Piazza della Repubblica, si battono il petto in un gesto che non è solo lutto, ma dimostrazione di coesione e dominio. È un linguaggio deliberato, che occupa lo spazio pubblico con un'intenzione chiara: affermare presenza, non condivisione. Questo Islam non si limita a pregare; vuole che la città lo veda, lo senta, lo tema. La segregazione delle donne, nascoste dietro un telo nero, è un pugno nello stomaco. In una Milano che si vanta di progresso e parità, questa separazione è un affronto. Le donne, velate e relegate, sono simbolo di un'ideologia che rifiuta l'uguaglianza. Eppure, una certa sinistra, abbagliata da tutto ciò che è «non occidentale», tace. È una contraddizione stridente: chi difende i diritti universali si piega di fronte a pratiche che li calpestano, purché avvolte nel manto della diversità culturale. Il corteo trasuda arroganza demografica. Quelle strade piene gridano: «Il futuro è nostro». Non è solo una festa, ma una dichiarazione di conquista, un'occupazione simbolica dello spazio pubblico. È un Islam che non chiede permesso, che si impone con la sicurezza di chi sa di crescere, di espandersi, di voler dettare legge. Soprattutto, questo Islam «assoluto» e fanatico soffoca un Islam diverso, quello che in Occidente prova a coniugare fede e modernità, che accetta le regole della convivenza. L'Ashura di Milano, con la sua muscolarità e il suo rifiuto dell'uguaglianza, umilia chi cerca un Islam integrato, schiacciandolo sotto il peso di un fanatismo che non ammette compromessi. Milano non può ignorare questo messaggio. Accogliere non significa accettare tutto. La libertà di culto non è un lasciapassare per pratiche che negano la dignità o sfidano i valori fondanti della nostra società. Questo Islam, che scende in piazza con arroganza, non dialoga: pretende. Qui non si tratta di ragionare intorno al fatto che la manifestazione era autorizzata. Questo è un ridicolo approccio burocratico, minimalista e miope. La storia è piena di manifestazioni sbagliate ma consentite dalle autorità costituite. Qui si tratta di decidere una volta per tutte da che parte stiamo. Quelli del 7 luglio ci vogliono alle loro dipendenze (nel migliore dei casi), chi non lo capisce è, di fatto, al loro servizio.
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