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Nuovo ciclone su Roma: scandalo corruzione per la manutenzione delle strade
26-05-2025, 10:18
C'è anche l'imprenditore Mirko Pellegrini, 46 anni – nato a Roma e residente a Frascati –, tra i 5 destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere, eseguita dalla guardia di finanza su disposizione del gip di Roma, in relazione a un presunto giro di tangenti che lo stesso pagava ai pubblici ufficiali per ‘pilotare' una serie di appalti per lavori di manutenzione delle strade. L'uomo era stato perquisito già a novembre scorso. Insieme a lui sono altre quattro le persone raggiunte dalla misura: Simone Pellegrini, Flavio Verdone, Roberto Filipponi e Alessandro Di Pierantonio. Secondo l'impianto accusatorio della procura, Pellegrini avrebbe costituito un'associazione “per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di reati – di turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione, bancarotta fraudolenta, riciclaggio ed autoriciclaggio, tra i quali quelli di seguito descritti – tra l'altro volti a conseguire illecitamente contratti d'appalto di lavori da Roma Capitale, e da altri enti pubblici, lucrando illecitamente attraverso fraudolenti risparmi di spesa e falsa documentazione contabile”, si legge nelle 100 pagine di ordinanza cautelare firmate dal gip Flavia Costantini. Nei confronti degli arrestati, “si ritiene che l'unica misura idonea e adeguata a salvaguardare le esigenze cautelari sopra indicate, nonché proporzionata ai fatti sia quella della custodia cautelare in carcere”, scrive il gip di Roma Flavia Costantini motivando gli arresti. “La misura cautelare degli arresti domiciliari non appare, allo stato, applicabile, neanche con l'ausilio di mezzi elettronici di controllo, non essendo, allo stato, prevedibile che gli indagati rispettino le prescrizioni a loro imposte: l'attività svolta finora dagli stessi potrebbe proseguire dalla loro abitazione, mediante mezzi telematici e telefonici, non immediatamente e continuamente controllabili, che permetterebbero ovviamente anche di porre in essere facilmente un'attività di inquinamento probatorio”, scrive il giudice. “Non ricorrono cause ostative all'applicazione della misura cautelare sopra indicata – aggiunge –, atteso che i delitti provvisoriamente contestati prevedono una pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni e non risultano essere stati compiuti in presenza di una causa di giustificazione o di non punibilità”.
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