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Presi per i fondElly sui migranti. “Nessun obbligo per l'Italia ad offrire un porto sicuro”
Oggi 20-06-25, 07:37
Una sentenza storica. Che demolisce una serie di assunti procrastinati per anni dalla rive gauche della politica italiana. Non solo perché ha stabilito che un ministro, nel pieno delle sue funzioni, ha il sacrosanto diritto di difendere i nostri confini nazionali. Ma anche perché l'assunto col quale sinistra, associazioni no borders e ong hanno, per anni, apparecchiato buoni e cattivi è, semplicemente, sbagliato. Almeno, in base al diritto italiano e a quello internazionale. Le motivazioni dell'assoluzione di Matteo Salvini nel processo Open Arms hanno una valenza squisitamente politica, perché chiariscono, una volta per tutte, che l'Italia non è obbligata in alcun modo a fornire il Porto Sicuro (Pos) ad una nave battente bandiera di un'altra nazione. Nelle 270 pagine delle motivazioni della sentenza di assoluzione del 20 dicembre scorso, redatte dal tribunale di Palermo, si legge che l'ex ministro degli Interni è stato assolto perché «per nessuno dei tre eventi Sar dell'1, 2 e 9 agosto 2019 era sorto in capo allo Stato italiano l'obbligo di coordinare le operazioni di search and rescue e di concedere il Pos». Ma non basta. «Deve escludersi che la concessione del Pos costituisse per l'Italia e, di riflesso, per l'allora ministro dell'Interno Salvini, un obbligo giuridico il cui mancato rispetto potesse integrare gli estremi del rifiuto di atti d'ufficio oltre che i presupposti perla realizzazione del reato di sequestro di persona». I togati sono entrati successivamente anche nel merito di questione che concernono sulle politiche migratorie. Il punto più significativo è quello che riguarda la gestione degli immigrati: «La Spagna, e non l'Italia, era tenuta a tutelare i diritti delle persone a bordo e, dunque, in linea di principio, anche a fornire l'approdo in un Place of safety (porto sicuro)». Il centro di coordinamento e soccorso marittimo spagnolo aveva «operato, sin da subito, un sia pur minimo coordinamento da primo contatto, quale quello diretto a orientare la nave nella individuazione degli Stati responsabili per la zona del sinistro, prima la Tunisia e poi Malta, mettendo in contatto l'imbarcazione con le rispettive autorità competenti». I giudici hanno anche ricordato come Malta, «nel declinare la propria responsabilità per i primi due eventi di salvataggio aveva chiaramente indicato la Spagna (Stato di bandiera) quale unica autorità che avrebbe dovuto assistere il natante nella prosecuzione delle operazioni». Un altro passaggio significativo della sentenza è quando i giudici hanno ricordato che «la Spagna aveva finalmente concesso il Pos, esortando la barca a recarsi ad Algeciras e poi nel più vicino porto spagnolo rispetto alla sua posizione (Maiorca), non potendo più disconoscere, a quel punto, vieppiù pressata da stringenti motivazioni umanitarie, la propria giuridica competenza sull'evento». Grande soddisfazione è stata espressa da Giulia Bongiorno, avvocato di Salvini nel processo e senatore della Lega. «La sentenza, con motivazione tecnicamente ineccepibile, riconosce l'assoluta correttezza della condotta del ministro Matteo Salvini. Non esisteva infatti alcun obbligo di far sbarcare Open Arms in Italia. La sentenza va anche oltre e precisa che chi ha sbagliato è stata proprio Open Arms nel non cercare altre soluzioni». Fabrizio Cecchetti, segretario dell'Ufficio di presidenza della Camera, ha ribadito che il segretario del Carroccio «ha agito nell'interesse nazionale e nel pieno rispetto della legge. Nessun sequestro, nessun reato: fermare gli sbarchi non è un crimine, è un dovere verso i cittadini italiani. A sbagliare è stata l'Ong, non chi difende i confini. Ora chi ha attaccato Salvini per anni chieda scusa». Nel tardo pomeriggio di ieri è arrivato anche il commento dello stesso Matteo Salvini: «i giudici hanno confermato che difendere l'Italia non è reato, rilevando l'ostinazione e l'arroganza di Open Arms che ha fatto di tutto per venire in Italia, scartando tutte le altre alternative che erano più logiche e naturali. La soddisfazione per la decisione dei giudici di Palermo non cancella l'amarezza per un processo lungo e che è costato migliaia di euro ai contribuenti italiani: è il risultato dell'odio politico della sinistra contro di me».
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