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Processo Open Arms, Piantedosi svela la linea condivisa con Conte
17-02-2024, 07:41
«Il ministro dà la linea politica, il capo di Gabinetto adotta i provvedimenti da eseguire». È uno dei passaggi chiave del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, deponendo come testimone al processo che si svolge a Palermo e che vede Matteo Salvini imputato di sequestro di persona per aver ritardato lo sbarco di 163 migranti a bordo della nave Open Arms e rifiuto di atti d'ufficio per aver negato l'approdo del natante spagnolo a Lampedusa, nell'agosto 2019. In quel periodo, Salvini era ministro dell'Interno e Piantedosi il suo capo di Gabinetto che la stessa procura di Agrigento, sempre nel 2019, aveva iscritto nel registro degli indagati, inchiesta, quella a carico di Piantedosi, poi archiviata. Una deposizione di circa quattro ore quella di Piantedosi nel corso della quale ha rimarcato il fatto che «non si capisce perché chi raccoglie migranti deve venire in Italia». «C'è Malta, c'è la Tunisia – ha precisato il titolare del Viminale -. Se si vogliono salvare vite umane e serve presto un porto perché non si chiede alla Tunisia ad esempio? Poi nel caso della Open Arms, nave spagnola, con la Spagna disposta ad andarli a prendere, dissero di no. Comportamenti che svelano il vero retroterra ispirato a portare i migranti in Italia. Il salvataggio era secondario, secondo me». Nella ricostruzione dei fatti, Piantedosi ha anche dichiarato che Open Arms «non aveva accettato nemmeno il coordinamento della Guardia costiera libica». Per il ministro la Ong aveva scelto arbitrariamente il porto di sbarco. Piantedosi conosce molto bene la vicenda dato che proprio come capo di Gabinetto dell'allora ministro degli Interni Salvini, adottava i provvedimenti, quindi conosceva le carte. La linea politica del primo divieto di ingresso della nave Open Arms in acque territoriali italiane, nell'agosto del 2019, «venne condivisa da tre ministri, ed era a triplice firma, il ministro dell'Interno, il ministro delle Infrastrutture (Danilo Toninelli, ndr) e della Difesa (Elisabetta Trenta, ndr) informando il presidente del Consiglio Conte». E come ha ricordato Piantedosi, «il ministro Salvini invocò il ruolo del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che può revocare o sostituirsi al ministro. Lui disse che non era favorevole allo sbarco della ong spagnola Open Arms ma che se il presidente del Consiglio era favorevole lui li avrebbe fatti sbarcare». Poi c'è la delicata questione della sicurezza del Paese. «Non è che sapevamo se sul barcone ci fosse un terrorista – ha detto Piantedosi ma sapevamo che l'immigrazione incontrollata aumentava i rischi. Poi c'erano anche problemi di gestione e di eventuali radicalizzazioni dopo lo sbarco». In ogni caso, il titolare del Viminale ha tenuto a precisare che «la presenza di terroristi a bordo dei barconi era un elemento che ricorreva in ogni Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica e derivava anche da informazioni dell'intelligence». Altro punto che il ministro ha voluto evidenziare è quello relativo alla redistribuzione dei migranti. In altri termini, la linea di cercare la condivisione con gli altri Paesi europei prima di autorizzare lo sbarco «cominciò durante il Governo Conte 1, anche allora c'era l'obiettivo di coinvolgere altre nazioni nella distribuzione dei migranti». E in un altro passaggio, il capo del Viminale ha ricordato che «l'indirizzo politico era noto: contrastare l'immigrazione irregolare e affermare che l'Italia non fosse l'unico Paese destinatario di immigrazione. L'indirizzo politico era avere rigore nei confronti di tutto quello che poteva avere a che fare con l'ingresso irregolare». La deposizione di Piantedosi ha fatto cambiare strategia difensiva all'avvocato di Salvini, Giulia Bongiorno, che alla fine dell'udienza, ha comunicato che a questo punto «abbiamo rinunciato a diversi testi perché la testimonianza del ministro dell'Interno Piantedosi è stata dirimente che chiarisce tutto». In altre parole, «Piantedosi ha spiegato che dava seguito all'indirizzo politico del ministro, questo non è da tutti, ma conosciamo il ministro...». In ogni caso, ha conclude Bongiorno, «il ministro dice "abbiamo fatto quello che era previsto dalla legge"».
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