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Quando la scienza mancava: il Mostro di Firenze e i limiti delle indagini degli anni '80
Oggi 19-05-25, 10:46
Tra il 1974 e il 1985, la provincia di Firenze fu teatro di una delle più inquietanti serie di omicidi della storia criminale italiana: otto duplici delitti, commessi con una pistola Beretta calibro 22 e caratterizzati da una ritualità macabra, hanno alimentato per decenni paure e interrogativi. Il caso del Mostro di Firenze, ancora oggi irrisolto, offre uno spaccato prezioso sull'evoluzione delle tecniche investigative e sulle differenze tra le metodologie dell'epoca e quelle attuali. Negli anni Settanta e Ottanta, le indagini si basavano prevalentemente su strumenti tradizionali: medicina legale, balistica, analisi grafologiche e raccolta di testimonianze. Gli investigatori analizzavano la scena del crimine con rilievi fotografici e planimetrici, repertando bossoli, proiettili e oggetti potenzialmente riconducibili all'assassino. Tuttavia, la raccolta e la conservazione delle prove erano spesso limitate dalla tecnologia disponibile: le tracce ematiche, ad esempio, venivano raramente analizzate in modo approfondito, e la catena di custodia dei reperti non seguiva protocolli rigorosi come quelli odierni. Un esempio emblematico riguarda il primo duplice omicidio del 1968, successivamente collegato agli altri delitti grazie al ritrovamento di bossoli compatibili: le tracce di sangue sui vestiti delle vittime non furono mai analizzate, perdendo così la possibilità di ottenere informazioni decisive sulla dinamica e sull'identità del killer. Le indagini si affidavano inoltre a testimonianze spesso incerte, come quella del piccolo Natalino, unico testimone oculare di uno degli omicidi, la cui attendibilità era inevitabilmente compromessa dall'età e dal trauma subito. L'assenza di prove fisiche inequivocabili, come DNA o impronte digitali riconducibili ai sospetti principali, ha reso il caso particolarmente complesso. Nonostante la condanna di alcuni imputati, l'arma del delitto non è mai stata ritrovata, né sono mai emersi riscontri oggettivi sui presunti mandanti o su moventi di natura esoterica ipotizzati in alcune piste investigative. Oggi, la scienza forense ha compiuto un salto qualitativo radicale. L'introduzione dell'analisi del DNA, a partire dagli anni '80, ha rivoluzionato il modo di condurre le indagini: anche minime tracce biologiche possono essere amplificate e confrontate con database internazionali, permettendo l'identificazione certa di un sospetto o l'esclusione di innocenti. L'utilizzo della PCR (reazione a catena della polimerasi) consente di lavorare su campioni estremamente ridotti, mentre l'istituzione delle banche dati genetiche permette di collegare crimini anche a distanza di anni. Le moderne metodologie forensi includono inoltre la spectrometria di massa, l'analisi di tracce chimiche, l'impiego di sensori avanzati e l'applicazione dell'intelligenza artificiale nell'analisi dei dati. L'informatizzazione delle procedure e la rigorosa documentazione della catena di custodia garantiscono l'integrità e la riproducibilità delle prove raccolte. Anche le tecniche di mobile e cloud forensics permettono oggi di ricostruire movimenti, abitudini e comunicazioni delle vittime e dei sospetti, ampliando enormemente il ventaglio delle possibilità investigative. Se i delitti attribuiti al Mostro di Firenze si fossero verificati nell'era delle moderne scienze forensi, è plausibile che l'esito delle indagini sarebbe stato diverso. L'analisi del DNA su reperti biologici, la comparazione con database internazionali e l'utilizzo di tecniche digitali avrebbero probabilmente permesso di identificare con maggiore certezza il responsabile o di escludere ipotesi infondate. La mancanza di queste tecnologie negli anni Ottanta ha invece lasciato spazio a errori, depistaggi e piste investigative rimaste senza riscontri oggettivi. Il caso del Mostro di Firenze resta così un monito sull'importanza dell'innovazione scientifica in campo investigativo e sulla necessità di preservare, documentare e analizzare ogni traccia con la massima accuratezza, affinché la verità possa, un giorno, emergere anche nei casi più oscuri. Il racconto della cronaca nera e dei casi irrisolti si rinnova ogni giorno su Canale 122 – Fatti di nera, che offre un palinsesto dedicato 24 ore su 24. Per chi preferisce scegliere quando e come seguire i programmi, la piattaforma cusanomediaplay.it mette a disposizione lo streaming on demand, garantendo un accesso flessibile e completo. Alessandro Venturelli scomparso, la madre dice no all'archiviazione: “È la richiesta più assurda di tutte” Sono passati quattro anni e mezzo dalla scomparsa di Alessandro Venturelli. Era il 5 dicembre 2020, in provincia di Modena si respirava già aria di Natale. Da allora, tutto è cambiato per sempre per la sua famiglia. Il tempo, per chi aspetta senza risposte, perde forma. Sembra scorrere solo per gli altri. Per Roberta Carassai, madre di Alessandro e presidente dell'associazione Nostos, è diventato un limbo: una gabbia fatta di attese, proroghe, illusioni e, soprattutto, battaglie. L'8 luglio 2025 è la data fissata per un nuovo passaggio giudiziario. Il giudice incaricato dovrà decidere se accogliere — per la terza volta — la richiesta di archiviazione del caso. Ma per chi vive l'incubo di un figlio scomparso, questa non è una semplice decisione burocratica: è una ferita che si riapre, l'ennesima porta che rischia di chiudersi. “Non posso accettare che si fermi tutto.”. Lo dice con fermezza Roberta Carassai, in esclusiva a Tag24. Le sue parole arrivano come un fiume in piena: rabbia, delusione, ma anche una forza che lascia senza fiato. «Sono molto arrabbiata, mi creda. Questa udienza è stata fissata per valutare la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Modena dopo appena un mese e mezzo da quando il giudice mi aveva concesso altri sei mesi», racconta. Una proroga ottenuta grazie a nuove segnalazioni. Non semplici voci, ma potenziali avvistamenti di Alessandro in Romania. Indizi, almeno, su cui indagare. «E invece? Arriva questa richiesta. Secondo me, la più assurda di tutte. Non solo perché annulla ogni sforzo compiuto, ma perché arriva mentre ancora non è chiaro cosa sia successo in Romania.» Roberta racconta che l'atto ricevuto dalle autorità è interamente in lingua rumena. Nessuna traduzione ufficiale, nessuna sintesi da parte degli inquirenti italiani. «Così si chiude un'indagine? Con un documento in una lingua che non comprendo, senza spiegazioni?», si chiede. La frustrazione si fa voce, diventa denuncia. A luglio, quindi, non si tratterà solo di una decisione tecnica. Sarà un giudizio su quanto lo Stato è disposto a fare — o a non fare — per chi sparisce nel nulla. Roberta Carassai non è solo una madre in cerca della verità. Con il tempo, è diventata anche portavoce di tante altre famiglie: quelle che vivono nella stessa attesa, che si rifiutano di accettare un'archiviazione come punto finale. «Vorrei portare la mia mozione in Parlamento. Desidero che le istituzioni si interessino alla vicenda di mio figlio, e a tutti i casi di giovani e persone scomparse», annuncia. Una richiesta concreta, che va oltre le manifestazioni, i volantini, gli appelli. È un tentativo di spingere la politica a cambiare le regole del gioco. “Abbiamo bisogno che la politica ci tenda la mano.”. Non è solo un desiderio, è una necessità. Perché senza un reale sostegno da parte delle istituzioni, le famiglie restano sole. Sospese tra speranza e rassegnazione. Costrette a lottare contro una burocrazia che troppo spesso sceglie di voltarsi dall'altra parte. «Abbiamo organizzato tante manifestazioni per tenere vivo il suo ricordo e per spingere le indagini a proseguire, ma questa volta serve lasciare un segno concreto. L'unico modo è che la politica si avvicini e ci tenda la mano», conclude Roberta. Il prossimo 8 luglio, in un'aula di tribunale, si deciderà se la storia di Alessandro Venturelli verrà archiviata. Ma fuori da quelle mura, c'è una madre che non ha mai smesso di cercarlo. E che non ha alcuna intenzione di fermarsi ora. Tag24.it e Canale 122-Fatti di Nera, attraverso le rubriche dedicate alle persone scomparse, offrono un servizio di grande valore civico. Questa iniziativa, realizzata in collaborazione con associazioni e famiglie coinvolte, non solo fornisce informazioni aggiornate sui casi di sparizione, ma funge anche da ponte tra le comunità e le istituzioni, facilitando la comunicazione e la ricerca di persone scomparse su tutto il territorio nazionale.
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