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Quei giovani italiani che sfasciano tutto giocano alla guerra ma non sanno cos'è
Oggi 27-09-25, 10:14
Li ho visti camminare nelle strade di città, con la faccia da bravi ragazzi dipinta sui volti e lo zainetto contenente le cuffie e la borraccia calcato sulle spalle. Gridavano slogan anti-Israele e arraffavano kefiah da bengalesi furbi in cerca di soldi facili. «Pace e amore», e la musica di Lennon in sottofondo. Poi all'improvviso è sopraggiunta la noia. Si sono stufati dei coretti propal e del passeggiare flaccido di prof imbolsiti e sciurette da salotto, e hanno dato fuoco alle ceneri. Bloccare tutto, anzi spaccarlo, che è più divertente e richiede un certo machismo. Milano, Bologna, Napoli, stazioni, tangenziali, vie eleganti e transenne, il fumo rosso dei fumogeni, i sanpietrini fatti rimbalzare come palline da tennis sui caschi dei poliziotti in tenuta antisommossa che avanzavano di un passo e retrocedevano di dieci. «Cani sciolti» - hanno detto le questure - e italiani di seconda generazione venuti dalle periferie, insieme ad anarchici e attivisti dei centri sociali, al solo scopo di fare casino. I capetti davanti, tenendo il volto scoperto e la felpa allacciata sui jeans firmati. I più miti dietro, ci sono o ci faccio, ma intanto vado e rompo qualcosa. Mi ha colpito la scena di una ragazza coi capelli rossi e la sciarpa portata alla maniera delle sorelle islamiche che gridava al poliziotto esasperato «è un genocidiooooo! come fai a guardarti in faccia? come fai a guardarti in faccia???», subito aizzata dal vicino rude «fascistadimerdaaaa fascistadimerdaaaa» all'indirizzo della divisa che per 1600 euro al mese stava lì a prendere sputi e archiviarli. Sapessero cosa succede alle donne di Gaza che sfidano a quella maniera i soldati di Hamas! Giocano alla guerra i nostri ragazzi, e finiranno per bruciarsi se non facciamo qualcosa. Sobillati dagli abusivi dei centri sociali, dalle sigle estremiste della sinistra e da taluni sindacati di base che non sanno tutelare i lavoratori ma sono bravissimi a rimestare nell'odio e costruire rivoluzioni, si convincono che vampirizzare una piazza lasciando una scia di agenti feriti e vetrine frantumate sull'asfalto sia il modo moderno di fare la pace. Il gioco è innestato, occupi le università oppure salti la scuola e vai in piazza per Gaza, si sfogano le incazzature e si tira qualche pestone alla polizia. From the river to the sea? Qualcuno ha provato a spiegargli che prevedeva la distruzione di Israele e nessuna promessa di pacificazione, ma lo studente ha abbozzato un sorriso imbarazzato e ha chiesto sommessamente «una canzone dei vostri tempi? » Giocano alla guerra e la scimmiottano. Ma la pace non si ottiene devastando. E la guerra non dà scampo e non finisce all'ora dell'aperitivo. Pallottole vere, sangue vero. Morti stecchiti dentro sudari bianchi e bambini che piangono, lo diceva Trilussa, «ninna nanna ninna tu nun senti li sospiri e li lamenti de la gente che se scanna per un matto che commanna... a vantaggio de una fede per un dio che nun se vede»... I ragazzi di Gaza hanno visto solo macerie. Quelli di Israele sono cresciuti con la divisa e piangono i loro morti e i loro ostaggi. Sapete come si vive sotto il cielo di Tel Aviv di cui nessuno parla mai perché i morti sono solo a Gaza e gli ebrei sono bollati come sterminatori? Al compimento del 18esimo anno scatta il servizio miliare obbligatorio, due anni e otto mesi per i ragazzi, due anni “soltanto” per le donne, al termine dei quali possono tornare a vivere o finire nelle liste dei riservisti, richiamati per addestramenti, per incarichi o per combattere come adesso... La guerra eterna e non santa perché Hamas li minaccia. Ma la sinistra va in piazza pensando solo a Gaza. Il grande show della Flotilla non è da meno. Anche lì hanno imbarcato qualche giovinetto. Ho visto le foto di belle ragazze sugli yatch sventolare la bandiera di Gaza. Veleggiano incontro alle bombe, ma pensano di essere in un risiko da tavolo che finirà a tarallucci e vino col selfie di gruppo e il birrino facile. Ironia della sorte si fanno la guerra tra loro e litigano su tutto, islamisti contro lgbt, Greta contro i gretini, e non hanno capito che non si rischia un conflitto per testardaggine, per moda o per finire sui giornali. Quando leggo che tra gli illuminati naviganti ci sono stimati intellettuali, politici, giornalisti, e persino una ottuagenaria che dovrebbe conoscere l'orrore della guerra e sapere che gli aiuti non si portano con il cestino rosso di Biancaneve e il fazzoletto sulla testa gridando trullallero trullallà, mi sento accapponare la pelle. Che poi vedete, lo scotto arriva sempre: i due ragazzini del liceo Carducci di Milano che credevano di fare i fighi militando nel centro sociale Lambretta e poi andando in piazza a dare l'assalto alla polizia sono stati beccati e rinchiusi nel carcere minorile Beccaria per tre giorni (non la consiglio l'esperienza, ma la legge è rigida e non ammette cazzate). Giovedì il gip ha disposto per loro i domiciliari a casa, con divieto assoluto di mischiarsi al mondo reale. Non potranno uscire, passeggiare, fare sport, e non potranno frequentare la scuola. Il che mi pare l'apoteosi di questo sistema bizzarro che tollera cortei, gazzarre e disastri, stringe l'occhiolino ai centri sociali e ai pro pal, e sopporta ogni sabato le loro bizze e le loro sfilate ma alla fine non sa trovare il modo per raddrizzare le storture e neppure educare i suoi figli. ll famoso valore educativo della scuola, evaporato con la nebbia del mattino, anzi preso, stravolto e buttato nel cestino. Ecco, se i nostri ragazzi sono stralunati e giocano alla guerra una ragione ci sarà, e temo non sia il vituperato telefonino, ma gli adulti scemi che gli sono accanto. Il bimbo fa pum e ridi «il soldato spara e un altro uomo non ride più». Provate a spiegarglielo ai ragazzi prima della prossima manifestazione.
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