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Ratzinger? Non si sarebbe mai dimesso se avesse saputo del suo successore Bergoglio
Ieri 22-04-25, 08:07
Caro Direttore, «Se Ratzinger avesse saputo che a succedergli sarebbe stato Bergoglio, non si sarebbe mai dimesso». È la feroce battuta circolata nei sacri palazzi durante tutto il pontificato di Francesco, mentre imperversava il film *I due papi*. Ratzinger era un teologo tradizionalista, concentrato sulla difesa della dottrina e della liturgia, con l'obiettivo di rafforzare l'identità cattolica anche attraverso il recupero della Messa in latino; Bergoglio ha adottato uno stile pastorale ed inclusivo, aperto al dialogo con il mondo progressista e meno attento ai formalismi liturgici. Troppe le differenze. Stili così diversi hanno attirato su Papa Francesco pesanti critiche dai tradizionalisti. Tra gli esponenti del mondo tradizionalista spiccava il bel monsignor Georg Gänswein, star dei salotti romani: segretario personale di Ratzinger e prefetto della Casa Pontificia, incarico dal quale è stato sollevato da Francesco. La polemica è esplosa nel gennaio 2023, subito dopo la morte di Benedetto XVI, quando Gänswein ha pubblicato *Nient'altro che la verità*, un libro in cui ha rivelato dettagli sul rapporto tra i due papi, esprimendo critiche che hanno inasprito le tensioni in Vaticano. Già nel 2020 era scoppiato un altro caso attorno al libro *Dal profondo del nostro cuore*, scritto dal cardinale Robert Sarah con il contributo di Benedetto XVI, in difesa del celibato sacerdotale. Molti vi videro un tentativo di contrapporre il Papa emerito a Francesco, che stava considerando la possibilità di ordinare sacerdoti sposati in talune circostanze. Ne seguì una smentita ufficiale: Benedetto XVI non aveva scritto la prefazione e Gänswein fu accusato di aver gestito male l'intera vicenda. Ora Gänswein è Nunzio Apostolico in Lituania, Estonia e Lettonia, ma non è il solo ad essere stato allontanato: molti monsignori, vescovi e cardinali sono stati epurati da Bergoglio dalla sera alla mattina. Se ne è fatto portavoce “Demos”, autore di libretti al vetriolo in cui accusa Francesco di aver mortificato la Chiesa. Davanti alle critiche, Bergoglio ha sempre alzato le spalle, quasi divertito. “Sparlate di me, purché ne parliate”, recita un vecchio detto argentino che ben si addice a questo Papa, il quale, nel bene e nel male, ha segnato la storia della Chiesa. E, avendo nominato un numero spropositato di cardinali a lui obbedienti e pressoché sconosciuti, forse riuscirà dal Paradiso — più che lo Spirito Santo — ad indicare il suo successore. Due italiani i più papabili: il Segretario di Stato Pietro Parolin e l'arcivescovo di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa. Eppure, nonostante le nomine mirate, il futuro del Conclave resta tutt'altro che scontato. La storia insegna che i papi non sempre scelgono i loro successori e che lo Spirito Santo, o più concretamente le dinamiche interne al Sacro Collegio, possono riservare sorprese. Parolin, un diplomatico navigato, uomo di Curia con un profilo istituzionale solido; Pizzaballa, 60 anni, francescano, ha l'esperienza di una Chiesa che vive quotidianamente il dramma del conflitto e delle tensioni mediorientali. Due figure diverse, ma entrambe capaci di raccogliere, almeno in parte, l'eredità di Francesco.
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