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Ricolfi affonda la sinistra dell'antifascismo: "Così non vincerà mai"
16-04-2025, 14:49
«Il fatto di sottoscrivere acriticamente le cause degli immigrati e delle minoranze sessuali conferisce allo schieramento progressista un grave handicap elettorale, non solo in Italia. Negli Stati Uniti questa scelta autolesionistica ha decretato la sconfitta dei Democratici e il trionfo di Trump. In Francia ha condotto il Front National di Marine Le Pen a diventare il primo partito. E da pochi giorni, grazie a un sondaggio Ipsos, sappiamo che anche in Germania il primo partito è un partito radicale di destra, l'AfD (Alternative für Deutschland) di Alice Weidel. È la tesi del mio ultimo libro (Il follemente corretto, Nave di Teseo)». A dirlo il sociologo e presidente della Fondazione David Hume Luca Ricolfi. Si avvicina il 25 aprile e la sinistra, ancora una volta, parla di liberazione dai fascisti. Le sembra ancora attuale questa lettura? «Storicamente è esatto, tutt'al più occorrerebbe specificare “dai fascisti e dai nazisti”. Il problema è che il termine “fascisti” oggi non è riservato solo ai fascisti storici, ma anche alle destre. È questo che rende divisiva la festa della Liberazione». Si ricorre sempre alle medesime argomentazioni, probabilmente perché non si ha cosa dire? «Ma che cosa si potrebbe dire di nuovo? Il problema è il format: le commemorazioni sono tutte intrinsecamente ripetitive, per lo più noiose, sempre grondanti retorica. Certo sono doverose, ma non è il caso di stupirsi se le argomentazioni sono sempre le stesse, a sinistra come a destra». Mentre la destra a Pordenone elegge un sindaco omosessuale, la sinistra diventa sempre più filoislamica. Non le sembra un controsenso? «Il sostegno all'Islam è diventato un elemento identitario della sinistra, specie in Francia e in Italia. Lo aveva capito perfettamente Houellebecq nel suo romanzo Sottomissione, uscito giusto 10 anni fa». Si avvicina il 1° maggio. Perché questo Pd parla di woke, diritti e via dicendo, ma talvolta, si dimentica quello che era il suo cavallo di battaglia, il lavoro? «Il lavoro resta sullo sfondo perché, a sinistra, è diventato un tema difficile. Se lo affronti in modo moderno e sostenibile, come ha fatto Renzi con il Jobs Act, ti danno del venduto al padronato. Se lo affronti in modo massimalista, come Schlein-Landini-Conte, ci vuol poco a capire che sono in arrivo nuove tasse. Il vantaggio di temi come immigrazione e diritti è che il loro costo macroeconomico è modesto, mentre le promesse salariali costano e spaventano imprese e partite Iva». Una caratteristica di una certa politica è stata sempre il pacifismo. Perché si ha tanta difficoltà a condannare la violenza? «Perché la sinistra pensa come pensavano i comunisti ai tempi di Stalin, e cioè che quel che conta non sono i mezzi usati ma le motivazioni: se protesti contro il governo, o appartieni a una categoria disagiata, sei automaticamente giustificato dalle tue finalità, o dal tuo background». Perché Conte e Schlein su certi temi non riescono ad avere una linea unica? «Perché entrambi vogliono capeggiare il campo largo. Non è un caso che, per definire un programma comune e vincere, la sinistra sia sempre dovuta ricorrere a un papa straniero (Prodi)». L'uomo dei dazi Trump può essere anche quello della fine delle ostilità in Ucraina. Sbagliato demonizzarlo? «Sbagliato demonizzarlo, ma ragionevole considerarlo pericoloso fino a prova contraria. È verosimile potrà porre fine alla guerra in Ucraina, ma a che prezzo?». Nonostante i grossi cambiamenti planetari, questo governo non perde consensi. Perché? «Per almeno due motivi. Primo, Schlein e Conte non sono un'alternativa credibile. Secondo, la gente non è stupida: capisce che i problemi ci sono, ma capisce anche che non è Giorgia Meloni l'ostacolo che ne impedisce la soluzione. I veri ostacoli stanno nei giudici italiani (che rendono insolubile il rebus migratorio) e nelle regole europee (che soffocano l'economia)».
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