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Schlein progetta la resa dei conti. Boccia: "Chiarimento, ma non si cambia"
Oggi 14-03-25, 07:31
Sa di dejà vu, un sapore amaro che viene dal passato. Come quando le fazioni interne si scontravano in Parlamento, con la voglia di non fare prigionieri, insomma è il Pd, bellezza. Il partito che ordì la congiura contro il suo fondatore, Walter detto «ma anche», e allora gli assalitori furono Pierluigi Bersani ed Enrico Letta, in seguito entrambi abbattuti dal boomerang interno. Una storia che è andata avanti segnando il destino di tutti i successori dell'ex sindaco di Roma, nessuno escluso. Poi, all'improvviso, lei si intrufolò ai gazebo e, tra paura e convenienza, il silenzio calò: «siamo tornati unitari». Ignorando la favola della rana e dello scorpione, la natura prima o poi viene fuori. Tanto più che l'intrusa, Elly Schlein, ha iniziato a fare di testa sua, inventandosi anche l'esistenza di un «nuovo» Pd, un marchio di fabbrica mai registrato. Il Cacao meravigliao, di arboriana memoria. Così per eccesso di presunzione, l'inquilina del Nazareno è riuscita a riportare il Pd nel clima infuocato di sempre, bentornato fuoco amico. Il giorno dopo il capitombolo a Strasburgo si contano i danni. Intanto perché la votazione della plenaria sul libro bianco della difesa, è finita molto peggio per la segretaria: tra gli undici eurodeputati che l'hanno sostenuta nel voto, tre (Annunziata, Strada e Tarquinio) sono indipendenti. Il bilancio è ancora peggiore: dieci riformisti contro otto lealisti. La sostanza non cambia: Schlein è in minoranza. E ora medita vendetta. I primi ad essere finiti nella lista sono il presidente dell'assemblea nazionale, il pur mite Stefano Bonaccini (gli ultras sui social ne chiedono a gran voce le dimissioni) reo di aver pugnalato alle spalle la sua ex vicepresidente, e la coppia degli «infidi» padri nobili da sempre temuti, Romano Prodi e Paolo Gentiloni. Il primo a muoversi è il capogruppo Francesco Boccia: «A questo punto è necessario un chiarimento politico». Un avviso alla minoranza: Elly è sicura di avere i numeri dalla sua parte. Il presidente dei senatori elenca i meriti acquisiti sul campo: «La leadership di Schlein ha permesso al Pd di passare in due anni dal 14% al 24%». Insomma come lei, nessuno mai. Eppure i rilievi che le vengono addebitati sono sempre più numerosi, ed il primo è quello di non aver mai incontrato la sua delegazione parlamentare a Bruxelles, come ha ricordato l'implacabile capofila dei riformisti, Pina Picierno. Una punta di acido arriva anche dal coordinatore della corrente di minoranza Alessandro Alfieri: «Sicuramente sarebbe stato utile un confronto». Il dito nella piaga lo mette l'eurodeputato Giorgio Gori: «Siamo finiti isolati nel nostro stesso gruppo». Ed il riferimento è ai Socialisti & Democratici, che al 90% hanno votato la risoluzione sulla difesa Ue. In mezzo ci si è messo anche l'incontentabile Giuseppe Conte: «L'astensione Pd? Posizione incomprensibile e inammissibile». La nuova pugnalata del perfido leader 5 Stelle cambia i piani del grande abbraccio in piazza del Popolo, coreografia perfetta per incoronare i leader «pacifisti» davanti al loro popolo, chez Michele Serra. Alla fine domani sul palco insieme ad Elly Schlein ci saranno solo Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Un'istantanea malinconica di ciò che resta del campo largo.
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