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Sequestro Moro, quel filo rosso che lega le Br al Medio Oriente
Oggi 09-11-25, 14:42
«Vorrei che Giovannone fosse su piazza», scrive il 30 aprile 1978 Aldo Moro dalla «prigione del popolo». Il covo dove le Brigate Rosse l'hanno rinchiuso dopo il sequestro invia Mario Fani, a Roma. Il destinatario della lettera è l'ex Sottosegretario alla Giustizia Erminio Pennacchini. Stefano Giovannone è il capocentro del Sismi a Beirut e tiene i contatti con le organizzazioni armate in Medio Oriente. Contatti che uno 007 deve avere per raccogliere informazioni. Il presidente della Dc sa che lui può arrivare a Yasser Arafat e al Movimento di liberazione della Palestina che, a sua volta, potrebbe intercedere per il suo rilascio. Moro propone uno scambio di prigionieri, lui contro uno o più brigatisti. «Dal convegno di Potere Operaio del 1971 a Firenze - rileva la Commissione parlamentare d'inchiesta-si determinò una crescente attenzione dei movimenti estremisti italiani per le organizzazioni palestinesi e in particolare per quelle di tendenza marxista, variamente legate alla Germania Est». Che all'epoca, nel pieno della Guerra Fredda, aveva come punto di riferimento l'Unione Sovietica. E l'Urss, dietro le quinte, sosteneva i gruppi armati stranieri, se non altro per fare quel "lavoro sporco" che il Kgb non poteva compiere, come dimostrerà poi la Commissione Mitrokhin. «Il rapporto tra i movimenti terroristici interni e quelli palestinesi - riportano gli atti - era complesso e articolato». In questo contesto «appare plausibile un rapporto tra Brigate Rosse e Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, l'organizzazione filocomunista guidata da George Habash che operava come snodo da un lato con gli Stati dell'Europa orientale, dall'altro con i movimenti estremisti finanziati da Libia e Iraq». Una realtà in cui il colonnello dei carabinieri Giovannone sa come muoversi. Conosce il Lodo Moro, il trattato della diplomazia parallela tra l'Italia e l'Olp che mirava a mettere al sicuro il nostro Paese dalle attività terroristiche di Al Fatah in cambio del riconoscimento politico dell'organizzazione fondata a Gerusalemme nel 1964 e guidata da Yasser Arafat, il cui obiettivo era il riconoscimento di uno Stato palestinese. Il "lodo" venne così ribattezzato perché stilato mentre Aldo Moro era Ministro degli Esteri. Francesco Cossiga, titolare del dicastero degli Interni durante il sequestro Moro spiegò che «l'Italia avrebbe lasciato libertà di passaggio ai palestinesi, in cambio, loro s'impegnavano a non fare attentati, a non dirottare aerei italiani, a non colpire cittadini italiani all'estero». Secondo quanto dichiarato nel 1983 da Giovannone al giudice Carlo Mastelloni, che stava indagando su un traffico d'armi con il Medio Oriente, «Arafat avrebbe riferito al generale Santovito (direttore del Sismi ndr) che il contatto tra Br e palestinesi ci sarebbe stato». Ma i brigatisti «avrebbero richiesto per la liberazione dell'ostaggio contropartite impossibili e poi, improvvisamente, avrebbero interrotto il dialogo». Nove giorni dopoil corpo di Aldo Moro verrà ritrovato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in via Michelangelo Caetani. «Tutto lascia ipotizzare che l'eliminazione di Moro abbia creato una frattura tra le Brigate Rosse e l'Olp, ma non necessariamente con altri movimenti estremisti», sempre stando ai documenti della commissione. Il 21 giugno 1978, in un'informativa inviata da Beirut, Giovannone scrive: «Le Brigate Rosse avrebbero fatto pervenire a George Habash, leader dell'Fplp, copia delle dichiarazioni rese dall'onorevole Moro nel corso degli interrogatori subiti durante la prigionia, per quanto di interesse della resistenza palestinese. Si ritiene che miri a ristabilire un rapporto ufficiale di collaborazione». In agosto «un primo carico di armi fu trasferito in Italia dal Libano per il tramite di ambienti di Autonomia Operaia». Nell'estate del 1979 due capi brigatisti, Mario Moretti, il leader della colonna romana, e Riccardo Dura, partirono da Numana «con la barca a vela "Papago", che raggiunse la costa libanese». Qui stivarono «armi, munizioni ed esplosivi palestinesi da mettere in sicurezza nel nostro Paese». Già nel 1975 una nota del Sid segnalava: «Le Brigate Rosse e l'irlandese Ira sono sicuramente contatto con gli estremisti palestinesi di Abu Ayad».
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