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Sono tutti dazi di von der Leyen. Ma a sinistra attaccano Meloni
Oggi 29-07-25, 09:22
Non sono passati nemmeno due secondi dalla stretta di mano tra Ursula von der Leyen e Donald Trump che la sinistra italiana è partita all'attacco. E all'attacco di chi? Forse di chi era seduto sulla poltrona vicino a quella del Presidente Usa, ovvero la stessa von der Leyen? Oppure magari di chi ha concepito, condotto e infine concluso la strategia negoziale per conto dell'Ue, ovvero la medesima persona di prima? Ma ovvio che no. Per il Pd e compagni la colpa di un accordo giudicato da loro pessimo è, manco a dirlo, di Giorgia Meloni, che, fino a prova contraria, durante la trattativa non era nemmeno in Europa, ma in Etiopia. Posizione senza dubbio curiosa, quella delle opposizioni nostrane, per non dire incoerente, incongruente, contraddittoria. E non solo perché non è stato il governo italiano a dettare la linea dei negoziati, né a condurli; ma perché la stessa sinistra, nelle settimane precedenti, si era stracciata le vesti un giorno sì e l'altro pure appena qualcuno osava solo pronunciare la parola “bilaterale”. «Non possiamo negoziare da soli», dicevano solennemente: «noi, la piccola italietta, non possiamo mica parlare con il gigante cattivo Usa! Serve l'Europa, che è grossa e forte e tutela i nostri interessi (spoiler: non l'ha mai fatto e non lo ha fatto coi dazi). Più Europa nelle trattative!». Ora, al di là della visione geopolitica quantomeno infantile a voler essere buoni, smentita per esempio dalla Gran Bretagna, quella isolata dalla Brexit, che ha spuntato un accordo migliore del nostro o anche da San Marino, o ancora dal Giappone (nessuno fa parte di nessuna unione di Stati), il punto è un altro. E cioè: in che modo Meloni sarebbe responsabile di quanto accaduto? Dopotutto, i negoziati, dall'inizio alla fine, li ha portati avanti la “loro” von der Leyen per conto, almeno ufficialmente, di tutta l'Ue, proprio come la sinistra italiana ha chiesto per mesi. E quindi di cosa si lamenta esattamente il disorientato mileu progressista italiano? Questi, semmai, sono i dazi di von der Leyen, dell'Unione Europea, e dei “bazooka”, dei “controdazi”, della “potenza di fuoco dell'Ue”. La firma sul documento è quella di Ursula, non di Giorgia. Senza dimenticare, peraltro, che l'attuale maggioranza europea è loro diretta espressione (e, a dirla tutta, anche di un pezzo della destra): l'hanno votata, sostenuta, ne hanno decantato le magnifiche sorti e progressive. E invece eccole qui, le sorti dell'Europa, decise dalla commissione europea, non da Meloni o dal governo italiano. Sarebbe giusto e coerente, pertanto, che le parole di cordoglio pronunciate ieri da Elly Schlein, che ha parlato di «resa», di «linea morbida e accondiscendente che ha minato l'unita europea e indebolito la posizione negoziale dell'Ue» dettata da fantomatici «governi nazionalisti», venissero rivolte a chi la linea l'ha dettata davvero: la Commissione, l'Ue, la von der Leyen. La sinistra, in sostanza. A meno che, e qui entriamo in anfratti politici sconosciuti, Pd, Azione, Avs, eccetera non prendano il coraggio a due mani e portino alle logiche conseguenze la posizione che hanno assunto in queste ultime 48 ore: sfiduciare l'attuale governance europea, in quanto «arrendevole» (sempre Schlein), autrice di una «capitolazione» (Carlo Calenda) e di una «disfatta» (Movimento 5 Stelle), «prona agli interessi Usa» e alla prepotenza trumpiana. Ma questo è solo un jeu d'esprit, perché, naturalmente, non accadrà nulla di tutto questo e perché nessuno vuole mollare la posizione e le relative rendite di; anzi, gli attacchi strumentali lanciati contro la premier italiana sui dazi servono in realtà proprio a consolidare quella posizione di potere. Volendo essere intellettualmente onesti, Meloni, in virtù del suo buon rapporto con Trump, ha semmai ammorbidito la posizione statunitense, facendo da ponte in una trattativa che fosse stato per la sinistra si sarebbe fondata su una strategia kamikaze e autodistruttiva, tutta basata sullo scontro frontale con una nazione, gli Usa, che oltre ad essere un impero, è, en passant, anche il nostro maggior “cliente”. Questo la sinistra non l'ha capito. O ha fatto finta di non capirlo.
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