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Sudan, pace condizionata? "Chi ostacola gli accordi alimenta le fiamme della guerra", l'analisi
Ieri 16-05-25, 16:58
“Mentre si moltiplicano gli appelli per un cessate il fuoco in Sudan, milioni di civili continuano a vivere sotto i bombardamenti, tra esecuzioni sommarie e carestia forzata. I segnali si accumulano e indicano che la guerra ha superato il semplice ambito di un conflitto territoriale per diventare una questione di sopravvivenza politica e ideologica per alcune forze radicate nell'apparato statale". È quanto sostiene in un una sua analisi Pierluigi Sabatini, Presidente di Geocrazia ed esperto di geopolitica "Le dichiarazioni e gli avvertimenti dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, così come i rapporti di organizzazioni internazionali - osserva l'esperto - convergono ora nell'affermare che la catastrofe sudanese non è solo un'emergenza umanitaria, ma il risultato di calcoli politici complessi che bloccano ogni iniziativa di pace autentica e rendono il conflitto una realtà duratura. In un comunicato del 31 gennaio 2025, l'Alto Commissario per i diritti umani, Volker Türk, ha espresso la sua «profonda preoccupazione» riguardo a rapporti credibili su esecuzioni sommarie compiute da milizie alleate all'esercito sudanese, in particolare nella regione di Khartoum Bahri. In un video visionato dalla Commissione, uomini in uniforme dell'esercito sudanese e della milizia Al-Baraa Ibn Malik leggono i nomi di civili sospettati di collaborare con le Forze di supporto rapido, concludendo ogni nome con la parola «Zaïl», che significa «morte»". "Türk ha sottolineato che questi atti non differiscono dalle atrocità già documentate nello Stato di Al-Jazira - afferma Sabatini - Ha dichiarato: «Questi assassinii non devono diventare la norma. Costituiscono una palese violazione del diritto internazionale e devono essere oggetto di un'indagine indipendente e trasparente.» In un altro comunicato pubblicato nell'aprile 2025, la Commissione ha confermato di aver analizzato diversi video che mostrano esecuzioni pubbliche condotte nel sud e nell'est di Khartoum, da uomini armati in abiti civili e militari. Alcuni dei carnefici hanno persino dichiarato in video che stavano «punendo i sostenitori delle Forze di supporto rapido tra i civili»". "Di fronte al fallimento di tutte le iniziative internazionali e regionali volte a porre fine alla guerra, crescono le domande tra i cittadini sudanesi su chi stia deliberatamente ostacolando gli accordi politici - continua l'analisi - Il militante per i diritti umani Taher Al-Fadel dichiara: «Ciò che preoccupa oggi è che la guerra in Sudan diventi una crisi dimenticata, accettata dal mondo come una fatalità, e che si chieda ai sudanesi di abituarsi a vivere nel terrore per un tempo indefinito.» Aggiunge: «È facile indicare le Forze di supporto rapido come responsabili della guerra, ma la realtà è che le forze islamiste profondamente radicate nell'esercito e nello Stato profondo sono quelle che bloccano ogni soluzione, temendo di essere ritenute responsabili. Cercano di preservare il proprio ruolo nel panorama politico a qualsiasi costo.» Secondo il pensatore e scrittore sudanese Khaled Fadl, il movimento islamista è l'unica forza la cui sopravvivenza dipende direttamente dalla prosecuzione della guerra. Spiega: «Questo gruppo violento, fin dal colpo di Stato del 1989, non ha mai creduto nel cambiamento pacifico né nel pluralismo. Quello che accade oggi non è frutto del caso, ma la continuazione di un'ideologia che considera la guerra come mezzo per restare al potere.» In un articolo pubblicato su diversi siti sudanesi, Fadl prosegue: «Il movimento islamista non ha creato le Forze di supporto rapido come uno strumento democratico, ma come un braccio militare al servizio del suo progetto autoritario. Oggi, dopo aver perso il controllo su questa forza, cerca di eliminarla con ogni mezzo»". "In questo clima di ostruzione, l'Alto Commissario ha messo in guardia contro il calo dell'interesse della comunità internazionale, le cui iniziative stanno diminuendo, minacciando di lasciare milioni di civili in balia della macchina bellica. A tal proposito, Volker Türk ha espresso il suo profondo rammarico per quella che definisce una «banalizzazione progressiva dei massacri… È imperativo rompere il silenzio internazionale e chiamare a rispondere coloro che sabotano gli sforzi di pace»", spiega Sabatini. "La guerra in Sudan non richiede solo nuove iniziative- osserva - ma anche coraggio: quello di nominare chiaramente chi ostacola il processo di pace. Mentre la maggior parte delle forze nazionali e internazionali riconosce che la soluzione non può essere militare, alcune fazioni influenti all'interno dell'istituzione militare, spinte da alleanze ideologiche, si ostinano a seguire la via sanguinosa. La domanda che oggi si pone a Khartoum, Wad Madani, Nyala o Kassala non è più: chi vincerà la guerra? Bensì: chi vincerà la pace? E soprattutto, chi avrà il coraggio di imporre questa pace a tutti?”.
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