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Tutti i dubbi di Matteo Renzi sui referendum
22-05-2025, 22:11
La recente intervista di Matteo Renzi al Tempo aiuta a cogliere "il grano e il loglio" che stanno dietro la questione dei referendum relativi al lavoro. Per essere plastici e chiari quella del Jobs act è l'unica riforma vera lasciata al Paese da Renzi. In un mio libro dedicato al suo governo sostenevo che come presidente del Consiglio fosse giunto lì troppo giovane e con troppa autostima e fretta permanente, come confermava il suo attivismo per "una riforma al mese" (tutte ridicole tranne il Jobs Act...). Si fatica quindi a capire perché anche sulla questione del referendum Renzi continui a criticare Meloni. Uno dei meriti indubbiamente del governo Meloni è quella di aver contribuito ad allargare la forza lavoro in Italia generando un milione di posti in più. Credo che Meloni sia consapevole anche che ciò sia stato possibile anche grazie alla riforma del Jobs Act, che ha introdotto quegli elementi di intelligente flessibilità del lavoro che ha favorito una maggiore partecipazione - specie dei giovani e delle donne - al mondo del lavoro. Una flessibilità man mano evoluta verso contratti a tempo indeterminato. Renzi quindi dovrebbe essere grato a Meloni e alle forze politiche che compongono il governo per il fatto che sostengono ed invitano a praticare l'astensione sui referendum relativi al lavoro. E grazie a ciò molto probabilmente non si raggiungerà il quorum. Tutelando così l'unica vera riforma varata dal governo Renzi. Non credo, del resto, che Renzi possa preferire il landinismo a Meloni... Anche perché Landini è il primo leader della CGIL che opera contro l'interesse dei lavoratori e contro la possibilità di generare nuova occupazione. A differenza di Renzi, Meloni si è guardata però bene dal promettere una riforma al mese, evitando quelle che in un mio libro definii le "riforme fatte sul tapis roulant". C'è poi un elemento importante che distingue il governo Meloni da quello di Renzi. E Renzi dovrebbe fare su ciò una forte autocritica. La sua linea di fondo era infatti per la disintermediazione, per il rapporto diretto tra lui e il popolo, scavalcando il ruolo delle parti sociali. Meloni, invece, sta cercando il dialogo non facile con le parti sociali, ma che sul piano sindacale vede il muro del Landini di turno. Sta trovando però la piena apertura di una leader intelligente come Fumarola, la segretaria della CISL. Mentre è maturato un nuovo e più proficuo ruolo del CNEL, egregiamente presieduto da Renato Brunetta, che si pone sempre di più come casa delle forze sociali e dei corpi intermedi. È chiaro che per ritrovare quello spazio politico che non ha più da tempo, a Renzi tocca fare l'aedo di Schlein. Ma Schlein è quella stessa che fa votare il "si" al referendum anche in quanto follower di Landini, potendo ammazzare così l'unica riforma dignitosa varata da Renzi. Per fortuna grazie a Meloni, grazie al centrodestra, grazie all'astensione è probabile che i referendum non avranno esito alcuno. La cosa divertente è che l'accusa fondamentale che Renzi fa a Meloni è quella di incoerenza. Mentre Renzi che dà il pieno sostegno a Schlein che mena martellate contro la sua unica vera riforma quale grado di coerenza ha?
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