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"Un sindaco comunista suicidio di New York e finirà in bancarotta. Grande aiuto a Trump"
Oggi 06-11-25, 06:37
La vittoria di Zohran Mamdani non è avvenuta nel vuoto. Si inserisce in un clima urbano segnato da crisi abitative, crescenti problemi di ordine pubblico, e un malessere sociale che ha ridefinito il rapporto tra le élite e i residenti delle grandi città. Mamdani è arrivato al traguardo con un programma che promette misure radicali: dal congelamento degli affitti per milioni di inquilini a interventi pubblici diretti sul costo dei beni di prima necessità, passando per un aumento della pressione fiscale sulle fasce più alte. Sono proposte che, nella retorica del suo campo, vogliono rispondere alla crisi dell'abitare e alla diseguaglianza; per i critici, però, rappresentano una formula inedita di controllo dell'economia metropolitana che può comprimere investimenti, offerta abitativa e gettito fiscale. Dietro il voto, inoltre, c'è una geografia politica mutata: la fuga dei contribuenti e la stagnazione della base imponibile hanno reso le città sempre più vulnerabili agli shock politici. New York dipende in maniera significativa dai grandi contribuenti e dalle attività finanziarie; la semplice percezione di incertezza politica può tradursi in spostamenti di ricchezza e persone, amplificando il contraccolpo sulle casse comunali. «Sono molto preoccupato e profondamente deluso». Esordisce così Rudy Giuliani, sindaco di New York dal 1994 al 2001, l'uomo che guidò la città durante la stagione più difficile dopo l'11 settembre. Lo raggiungiamo mentre negli Stati Uniti continua a far discutere la vittoria di Zohran Mamdani, nuovo sindaco di New York e primo leader dichiaratamente socialista - qualcuno dice apertamente comunista - a governare la capitale economica d'America. Giuliani non usa eufemismi: «È una scelta bizzarra, e probabilmente produrrà danni quasi irreversibili. Non credo ci sia mai stato un sindaco comunista negli Stati Uniti, e certamente non nella sua città più grande e più simbolica. È qualcosa che nessuno avrebbe ritenuto possibile nemmeno dieci anni fa». La sua preoccupazione, spiega, non è retorica né ideologica: «Le politiche che Mamdani propone manderebbero la città in bancarotta. E non è teoria. Sta già accadendo. New York sta perdendo una parte enorme della sua popolazione. Gente che se ne va perché le tasse sono troppo alte, la criminalità cresce e le scuole non funzionano più. Questo è il risultato diretto del governo democratico. Mamdani renderà questa fuga ancora più veloce. Lo vedremo nei prossimi mesi». Poi arriva la cifra che negli Stati Uniti è diventata il simbolo del momento: «Il 27% dei newyorkesi sta pensando di lasciare la città. E la maggior parte sono contribuenti. Sono quelli che pagano i conti, quelli che tengono in piedi i servizi, la sicurezza, i trasporti. Stiamo cacciando via chi sostiene la città. È un suicidio politico e finanziario». Giuliani ricorda bene il punto di partenza da cui lavorò nel 1994: «Quando arrivai, New York era tecnicamente fallita. Avevamo più di duemila omicidi l'anno, un milione di cittadini a carico del welfare. Abbiamo ridotto gli omicidi del 70%, il welfare del 60%, dimezzato la disoccupazione. Siamo diventati la città più sicura e più dinamica d'America. Finimmo sulla copertina del Time come modello per il mondo». Oggi, dice, si sta tornando indietro: «New York è tornata ad essere sinonimo di fuga. Questo è il risultato del progressismo ideologico che governa la città da anni, non di singoli eventi». Ed ecco il paradosso politico: l'elezione di Mamdani potrebbe favorire Donald Trump. «Sì, è così. Il modello politico di Mamdani è spaventoso per la maggioranza dell'America. Se si presentasse in qualsiasi altra parte del Paese, verrebbe sconfitto in modo schiacciante. In molte zone non verrebbe nemmeno candidato dai democratici. È il candidato della sinistra più radicale, e questo mette paura. E la paura può riportare gli americani verso chi promette ordine, sicurezza, lavoro. Trump». Poi Giuliani passa al punto che definisce «il più serio di tutti»: la questione iislamista. «C'è un aspetto più grave del socialismo: Mamdani è legato a figure dell'estremismo islamico». E aggiunge: «Secondo documentazione resa pubblica negli anni, l'imam con cui ha collaborato fu indicato come co-cospiratore nell'attentato al World Trade Center del 1993. Non è un dettaglio. Qui non si parla solo di economia, ma di sicurezza nazionale». Per Giuliani la differenza è netta: «Il socialismo è un sistema politico. Lo puoi correggere, battere, sostituire. L'estremismo religioso è molto più difficile da contenere. È un rischio diverso, più profondo, più duraturo». Sul finale, l'ex sindaco torna al tono che lo ha reso una figura simbolica della resilienza americana: «La Grande Mela non è destinata a morire. Ma oggi è sotto attacco. E chi ama New York deve dirlo. E deve reagire. Perché la libertà non si difende da sola».
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